venerdì 18 novembre 2011

ATTUALITà ED OLTRE

Oggi quando nella società l’animale gregge è onorato e soltanto lui distribuisce e riceve gli onori quando l’uguaglianza di tutti potrebbe mutarsi in uguaglianza delle male azioni e con ciò intendo la guerra -oggi il concetto di grandezza deve abbracciare lo spirito che si distingue che vuol essere se stesso che vive con la sua energia creativa. Uno spirito che la società potrebbe definire Selvaggio 
Fedrich Nietzsche 

Noi uomini terreni di carne dobbiamo diventare dei.
Muntzer

Il vero valore dell’uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è pronto a liberarsi dall’io. 

Albert Einstein

Quando il mondo cessa di essere il luogo dei nostri desideri e speranze personali, quando l’affrontiamo come uomini liberi, osservandolo con ammirazione, curiosità e attenzione entriamo nel regno dell’arte e della scienza. 
Albert Einstein
Premessi questi detti che da tempo mi ero segnata per ben tenere a mente che occorre sempre andare al di là delle contingenze quali sono. E quali sono se non che alla fine si è di svelato l'inganno della cosiddetta democrazia parlamentare i cui rappresentanti sono stati eletti dai partiti anziché dai cittadini e si è arrivati nudi e crudi a quello che negli anni '70 potere operaio e anche la tanto vituperata lotta comunista asserivano e cioè che bisognava liberarsi dell'illusione dell'autonomia della politica. E ora guarda caso sentiamo parlare della trilateral di cui faceva parte l'attuale presidente del governo tecnico Monti e che la festa cominci altroché far tanta festa per la caduta di Berlusconi. Possiamo così dire: Dalla padella alla brace. Ma chissà che a forza di bruciare sopra o sotto la padella la gente anche i più addormentati non si sveglino e non solo si indignino bensì agiscano e si misurino a faccia aperta con una realtà in continuo movimento dove fango e fanghiglia escono sempre più allo scoperto.
 

lunedì 24 ottobre 2011

Due homeless nel tram

Sul tram numero quattro verso sera c'è un vagabondo nero di pelle - forse africano forse no - che con gli occhi persi nel vuoto è seduto vicino alla porta di uscita . Triste . All'improvviso sale sulla stesa vettura un altro vagabondo  bianco con i capelli intrecciati . I loro occhi si incontrano , si guardano, sorridono  e si scambiano un caldo saluto . Al di là della diversa provenienza, le loro vite assimilate dall'emarginazione per il tempo in cui il percorso li accomuna, sono fratelli. 

venerdì 21 ottobre 2011

I ragazzi di piazza S. Croce in Gerusalemme

Li ho visti l'altra sera durante la trasmissione di Gad Lerner e mi sono sembrati proprio nuovi e diversi da quello che si può chiamare il cascame politico degli ultimi anni . In primis non hanno accettato la domanda provocatrice di Gad sulla violenza. Troppo facile sarebbe stato fare i soliti riecheggianti distinguo tra si e no alla violenza  ." Noi siamo qui - hanno detto - e vogliamo comunicare le decisioni che abbiamo preso in assemblea . Primo tutte le decisioni le prenderemo per consenso ( da tempo si sente riecheggiare questo modo di gestire le decisioni nelle riunioni degli ecovillaggi, degli sperimentatori delle utopie concrete )abbiamo deciso anche di usare nuove forme di comunicazione non verbale come quella di dimostrare il nostro consenso con le entrambi le mani alzate etc, e cominciamo qui ed ora ad avere comportamenti rispettosi dell'ambiente, non usiamo piatti di plastica e prendiamo l'acqua dalla fontana . Le tende sotto le quali ci ripariamo sono il simbolo della nostra precarietà e di tutte le persone che in questi anni hanno perso la casa ... "Inutile dire che che da inguaribile utopista quale sono mi son quasi commossa .

I movimenti ad andamento carsico


                                                


Sono passati quaranta anni dal ’68 e già dall’inizio dell’anno i media fanno a gara a evocare il ‘fantasma’ che si è aggirato questa volta non soltanto in Europa. Evocazioni e rievocazioni attraverso documentazioni fotografiche e filmiche, interviste a chi c’era e a chi pur non essendoci stato vuole dire la sua, di tutto e di più, fin troppo. L’intento che ci riunisce stasera non è quello di aggiungere voci a un coro già assordante, né fare celebrazioni o altro, bensì partendo dal libro-memoriale “ Non gettare ricordi dai finestrini “che ho scritto a caldo nel ’78, cercare di capire cosa di quel periodo si ripropone ed è valido oggi portare alla luce e cosa per voi riecheggiano i mitici anni 60-70. In questo intento al di là della ricorrenza si vuole lasciare una traccia propositiva, una sorta di staffetta tra le generazioni in modo da tener alta la fiamma di coloro che si pongono nella prospettiva di un possibile quanto necessario cambiamento che si sintetizza nel motto: Un altro mondo è possibile.
Della fine dei movimenti anti status quo, si sa, son piene le fosse che tutto si fa per reprimerli demolirli, decapitarli mistificarli, demonizzarli e last but not least spettacolarizzarli.
 Diceva Benjamin che la memoria è tendenzialmente conservatrice mentre i ricordi possono essere rivoluzionari. Rivivendo e facendo rivivere i ricordi di quegli anni, tentare di realizzare quello che in quegli anni si vedevano come potenzialità non portate a termine. Per fare l’esempio di un filo rosso che collega il movimento di allora con quelli attuali è la lotta contro le partitocrazie e il rifiuto della delega che oggi viene troppo frettolosamente liquidata come antipolitica qualunquistica.
In quest’ottica va prestata attenzione agli scritti e alle testimonianze che cercano di individuare elementi di continuità e di proposta nelle istanze emerse in quegli anni e alle riedizioni delle riviste come l’Espresso che ripresentano gli stessi articoli come se tutto fosse accaduto ora e il giorno prima.
Cosa c’è stato di eccezionale dunque nel movimento del ’68 che lo distingue da tutti i movimenti precedenti? L’internazionalizzazione del fenomeno avvenuta grazie alla diffusione dei media a livello planetario. C’era stato un altro movimento in Europa che è rimasto nella memoria collettiva con il modo di dire:’ stiamo facendo un ’48’, inteso come vuoi fare un gran casino –. In quell’anno in Europa si affermavano le istanze nazionaliste e di rivendicazione di classe da cui nasce il Manifesto dei comunisti e la Repubblica romana, ma questo tam tam di informazioni, dal momento che le notizie circolavano con mezzi postali poteva avvenire soltanto in Europa anche perché lì c’erano le condizioni materiali che lo avevano fatto nascere. Ciò che ha contraddistinto il 1968 invece era la contemporanea diffusione delle notizie e dei movimenti nelle università e nella scuole a livello planetario e quindi una ripercussione tra gli strati intellettuali, i ceti medi e una parte di operai nei luoghi più disparati dall’India all’Africa all’America Latina. Basti pensare alla battaglia di Tlatelolco in Messico, e la conseguente protesta dei due atleti Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi di città del Messico, la cui foto e il conseguente manifesto era presente sulle mura delle case e delle sedi politiche di quegli anni. Quindi …
Nicola: Infatti quello che differenzia il ’68 dal ’77 è proprio l’internazionalità dell’evento mentre il ’77 è quasi solo italiano. Io parlo del ’77 perché è quello di cui mi ricordo che nel ’68 avevo solo dieci anni anche se fin da piccolo seguivo la guerra dl Vietnam e tifavo per i vietnamiti anche quando andavo all’oratorio. Mio padre lavorava per Paese sera e dunque mi portava tutte le notizie e io mi segnavo ogni volta quanti aerei americani cadevano. Mi colpiva come un piccolo popolo potesse tener testa al paese più potente del mondo.
Roberto: Io nel ’68 avevo solo cinque anni ma mi ricordo che quando frequentavo le elementari avevo una maestra che era una rivoluzionaria. L’ho capito dopo però … Poi evidentemente anche mia madre era stata influenzata da quel movimento perché mi ricordo che allora leggeva Due più che parlava dell’importanza dell’educazione sessuale. Ci metteva tutti e tre sul lettone e ci faceva educazione sessuale. Io abitavo in un quartiere borghese e già allora mi ricordo che c’erano già degli schieramenti e da una parte della strada stavano i fascisti e all’altra i compagni. Ricordo anche che nei circoli fascisti e sui muri cerano dei nomi segnalati di famiglie ebree e di sinistra.
Laura: Anch’io avevo quattro anni e nella mia infanzia non ricordo niente di rilevante. Solo nel terzo anno delle medie ho capito cosa volevano dire le proteste degli studenti. Crescendo con un madre femminista e politicizzata che portava in casa riviste come “Quotidiano Donna” e i libri di Marcuse, ho iniziato a conoscere la storia del ’68. Ho sempre avuto il rimpianto, che ho tuttora, di non aver potuto partecipare a quegli anni che a mio parere erano straordinari. Potessi avere una macchina del tempo tornerei lì.
Giancarla: io invece proprio perché avevo più di vent’anni ed ero più che cosciente mi ritengo fortunata perché ho partecipato a questo movimento assaporandone tutto il senso collettivo. Ho assistito alla presa di parola di quelli che fino allora non l’avevano avuta, come diceva Guido Viale nella trasmissione su radio 3 intitolata: ‘Avevo vent’anni nel ’68.’.
Nel libro infatti si legge che già nell’ottobre del ’67 sono andata a vedere cosa accadeva a Palazzo Campana. Va detto che i primi movimenti iniziano a Torino prima del più famoso maggio francese. Io ero reduce dagli anni ’50 in cui non si vedeva luce e mi sentivo dentro una ribellione mai sfogata. Poi dopo la laurea in pedagogia avevo cominciato a insegnare nelle scuole medie a Venaria tentando di applicare quello che avevo imparato della pedagogia attiva. Inutile dire che mi sono trovata contro sia il preside che gran parte dei miei colleghi. Ricordo invece che la collega di materie artistiche mi aveva sostenuto ed è stata la stessa che mi ha consigliato di fare domanda al liceo artistico dove nel 68 ho avuto il trasferimento. Tutto questo lo racconto sia in questo libro che nell’altro ‘La memoria e i ricordi – Lettere per un figlio’ .
Gli schieramenti tra fascisti e antifascisti di cui parlavi tu Roberto non erano così presenti a Torino. I fascisti erano pochi e a parte qualche sparuto caso di aggressione se ne stavano acquattati. C’era sì qualche giovane che inizialmente proprio per reazione ai genitori si professava fascista e io mi ricordo di uno in particolare che veniva regolarmente attaccato dai suoi compagni. Ne presi le difese e lui stupito della mia imparzialità cercò di capire meglio le rivendicazioni dei suoi compagni e in poco tempo si trasformò in anarchico.
Dicevamo all’inizio dei percorsi carsici dei movimenti. Occorre dire che questo sottende una visione della storia per cui ci sono sempre stati movimenti di rivolta, che poche volte si sono trasformati in rivoluzioni e o trasformazioni, ma ciò che è sempre avvenuto è che le classi dominanti dopo essere riuscite a riprendere il predominio hanno sempre fatto terra bruciata cercando di cancellare la memoria e le tracce dei vinti. I vinti che per un po’ si sono trasformati in ‘carbonari’ fino a riemergere quando riappare la luce. In questa che io chiamo una staffetta tra le generazioni c’è da parte mia l’ambizione non tanto nascosta di tendere un filo tra i ricordi e le istanze emerse, cercando di capire le ragioni delle sconfitte e cercare di rintracciare il filo o la torcia che unisce le diverse generazioni per individuare le potenzialità e stabilire un percorso ideale al di là di tutte le sconfitte, gli abbandoni le delusioni e i tradimenti. Comunque ogni volta che i movimenti ritornano alla luce è riconoscibile lo stesso fervore della partecipazione politica nel modo di parlare e di dedicarsi a una causa che ho visto a Napoli quando un giovane che fa parte dell’Assemblea permanente Napoliassise, parlava del problema dei rifiuti. Sul frontespizio del sito dedicato a questa iniziativa sta scritto: Il male cresce laddove i ‘buoni’ smettono di agire.
Nicola: Io mi rifaccio alla mia esperienza del ’77. Roma non aveva certo una configurazione operaia e comunque non si poteva dire che iniziasse un nuovo movimento anche se il coinvolgimento dei partecipanti era simile.
Attualmente a mio parere ci sono le condizioni di ribellismo e di insofferenza che potrebbero provocare delle reazioni a catena. Non so ma forse pecco di ottimismo perché ancora più che nel passato viviamo in una situazione sfilacciata e abbiamo davanti un padronato sempre più compatto che ha serrato le fila fin dalla sconfitta operaia della fine degli anni ’70.
Roberto: L’atmosfera che io ho vissuto anche dopo come giovane ha avuto origine dal ’68. Soprattutto io credo che da lì derivi la componente che io chiamo la capacità critica. Inoltre c’erano come due poli di rivolta. L’uno di natura politica, l’altro contro l’autoritarismo. Mai come oggi invece manca la capacità critica ma ciononostante nessuno può dire che tutto va bene anzi. Questo è sotto gli occhi di tutti. Se da quanto mi pare di aver capito la comprensione che il capitalismo maturo aveva dentro di sé un potenziale altamente distruttivo era di una minoranza ora tutti sanno che c’è crisi una generale senza parlare del problema dell’ambiente…Anche se fanno di tutto per non pensarci come per esempio incrementare i voli aerei.
Nicola: Paradossalmente il superfluo costa meno dei beni di prima necessità e si può andare a Londra con 10 euro, mentre con 10 euro al supermercato compri ben poco.
Roberto: Quello che so io è che siamo completamente anestetizzati. Ritorno al discorso di prima dell’assoluta mancanza di senso critico.
Laura: una cosa è sicura che io ho la sensazione che allora c’era un senso più collettivo comunitario, mentre oggi domina l’individualismo. Anche se la gente è stanca di questo ruolo passivo rispetto alla politica, la protesta si estrinseca sempre in modo individuale e individualista. Io credo di aver in parte assaporato quell’atmosfera quando nei primi anni ’90 ho partecipato al movimento della ‘pantera’: Sia pure solo nei primi momenti dell’occupazione dell’Università si era ricreato il senso della collettività che sicuramente c’era nel ’68 e che nessuno osa più pensare che sia possibile raggiungere. Quello che diceva Gaber in una sua canzone: “C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza”.
Secondo me quel tuo libro oggi bisogna leggerlo perché è come se volessi dimostrare che hai raggiunto un obiettivo vivendo in quel modo, lasciandoti plasmare da quel modo di sentire e di vivere senza muri. E’ come se tu avessi detto io chiudo la porta dietro di me e indietro non ci torno.
Giancarla: In effetti è così ma questo mi ha portato a un cammino molto solitario e una mancanza di riferimenti collettivi che ho ritrovato soltanto quando ho incontrato l’esperienza spirituale buddista. Occorre dire che anche nel movimento del ’68 era presente la dimensione religiosa nel cattolicesimo di sinistra che per esempio a Torino ha dato origini alla comunità del Vandalino a Firenze all ‘Isolotto con Don Mazzi e a Roma alla comunità di S.Paolo  con Franzoni. Io non ho seguito quel percorso perché a vent’anni, in opposizione alla mia formazione che era cattolica e a mio padre che era un convinto praticante cattolico, avevo fatto la scelta di uscire dalla chiesa. Comunque in classe leggevo Don Milani. In seguito ho voluto approfondire la conoscenza del marxismo cosa che ho potuto fare con l’organizzazione internazionalista di cui ho fatto parte.
Un altro filone importante che troviamo in quegli anni è quello collegato con l’utopia e il tentativo di costruire delle situazioni comunitarie che mettessero insieme il dire con il fare.  Quasi tutte queste comuni sembravano fallite, salvo poi riscoprire dopo molti anni che c’era qualcuno che aveva perseverato e la comune di Bagnaia vicino a Siena ne è un esempio. Senza parlare della componente freak di influenza americana. Di recente proprio all’incontro nazionale degli ecovillaggi ho incontrato Francesco, un fiorentino figlio di famiglia numerosa che dopo il ’68 era partito per l’America dove con altri figli dei fiori avevano fondato una comunità chiamata ‘The farm’.
L’America comunque è sempre stata una terra in cui si sono portate avanti esperienze comunitarie. C’era un libro pubblicato da Feltrinelli alla fine degli anni ’70 intitolato ‘Sette utopie americane’ che io facevo leggere in classe quando facevamo i lavori interdisciplinari con gli architetti al Liceo artistico. Comunque sia che le comuni siano fallite o meno chi ha avuto modo di fare certe esperienze difficilmente torna indietro, come dicevi tu Laura.
Nicola: Si è vero ci sono dei periodi che ti plasmano. Cambiano il tuo modo di vedere e anche se per un po’ torni a casa ‘. Ma ho l’impressione che nei momenti decisivi te li ritrovi accanto. Questo non è vero per tutti ma per una parte sicuramente. Per esempio quando è iniziato, il cosiddetto movimento del Social forum tanti hanno pensato che si stava riaprendo un nuovo orizzonte possibile che per ora sembra quasi rientrato …
Giancarla: Anche lì se andiamo a vedere ne è stata fatta un’operazione che i situazionisti potrebbero chiamare di spettacolarizzazione e di individuazione dei leader …
Nicola: Sì in parte è vero quello che dici ma è anche vero che per due volte di seguito c’è stato l’incontro a Porto Alegre in Sud America ed è proprio in quel continente che si stanno verificando le situazioni più interessanti che hanno determinato il blocco dell’estensione dell’accordo NAFTA al Sud America. Solo la Colombia non fa parte di questo movimento. Poi senza voler idealizzare anche in India, dove la contraddizione è forte, si stanno verificando una serie di movimenti di rivolta tra i fuori casta del Bihar e tra le donne.

Giancarla: e guarda caso in India ci sono questi movimenti proprio in un momento in cui l’economia è in grande sviluppo. Non dimentichiamoci che il movimento del ’68 è nato durante il cosiddetto periodo del boom economico.
Pensando a quello che dicevi tu Nicola del Sud America mi viene in mente il discorso sulla massa critica che è stato ripreso dagli spiritualisti per cui si dice che se nello stesso momento sia pure in luoghi diversi le persone pensano e agiscono analogamente c’è come un’onda di energia che si sviluppa in maniera esponenziale, portando a repentini cambiamenti. Questo avverrebbe secondo la legge fisica dei frattali.

Laura: che mi fa pensare alla forza collettiva che si sviluppa durante i movimenti politici, una passione, una forte vitalità e non a caso in America Latina che è un paese con una forte componente cattolica si sono sviluppato il movimento della teologia della liberazione e anche in India se ci pensi c’è sempre stata presente la dimensione collettiva e spirituale.

Giancarla: Anche se di per sé non è sufficiente la dimensione spirituale ma ci vuole anche l’azione. D’altro canto se le azioni collettive vengono meno e non esiste la dimensione spirituale nella lunga andata vince la materialità, l’individualità e il principio dell’autoconservazione. Da qui le ragioni di abbandono di molti compagni…ma mi pare di capire dalle tue parole Nicola che tu hai mantenuto negli anni una delle caratteristiche di cui parlo nel mio libro e che definisco lo spirito della militanza, quel particolare fervore che si sentiva in molti compagni.

Nicola: Sì direi quasi ininterrottamente eccetto un periodo di quasi ferma dal 90 al 91 sempre partecipando a tutte le manifestazioni. Una delle persone più importanti per la mia formazione è stata Alex Langer che era mio professore al liceo. Ricordo che nel ’76 non ci disse che si era sciolta Lotta Continua. Lui ha avuto una forte influenza in tutto il liceo. Noi eravamo al XXIII dell’Alberone e molti delle scelte politiche di adesione ai movimenti politici venivano ratificate dal consiglio d’istituto.
No, lo spirito della militanza non è un’eredità paterna che era un comunista vecchio stampo. Noi consideravamo tristi i ‘figiciotti ‘ che facevano vita di sezione Per me militanza vuol dire anche ricerca di una diversa qualità della vita. Un diverso rapporto uomo donna che sicuramente mi viene dalla mia frequentazione di lotta Continua. Né da parte sua mio padre fece niente per dissuadermi. D’altronde quello che tu chiami fervore per me è una scelta di vita. Io ho ricevuto molto dalla politica e dalla militanza. E’ uno stimolo di crescita, di aggiornamento continuo e a vivere la vita.
Quello che o ereditato dalla mia famiglia è uno spirito anticlericale. I miei si sono sposati civilmente negli anni ’60 in un paese dell’Abruzzo. Sarà anche per questo che io ho sempre mantenuto un atteggiamento agnostico.
No, la ricerca precipuamente spirituale non mi interessa. Per me comunque è importante fare il bene e questo se vuoi permette uno sviluppo anche spirituale, se vuoi chiamarlo così.  







Questa è la trascrizione di un dialogo scambiato con amici quarantenni che doveva servire come postfazione al mio libro intitolato’ Non gettare ricordi dai finestrini’, composto di due parti. La prima dal titolo ‘Non abbiamo sognato’ risale al 1978, anno in cui iniziai a scrivere sia per il pressante bisogno di raccontare la mia esperienza e i ricordi a caldo, sia per dare sollievo al mio cuore colmo di sofferenza per aver assistito alla sconfitta di un movimento in cui avevamo riposto tute le nostre speranze di cambiamento sociale e politico. La prima parte fu pubblicata da un coraggioso editore, Bertani che aveva fatto conoscere Bataille in Italia .
‘Non abbiamo sognato’ fu il primo di una lunga serie di miei libri, alcuni pubblicati altri ancora nel cassetto e da allora divenni una scrittrice nel senso di farne il mio impegno quotidiano. La seconda parte che da il titolo a questo mio rinnovato e non riuscito tentativo di pubblicazione nel quarantennio è stata messa nell’archivio dei diari di Pieve in Tiberina.  E a tutt’oggi insisto nel dare visibilità a questo mio lavoro sia perché sono stata ripetutamente sollecitata sia per poter passare la staffetta a tutti quei movimenti che periodicamente sono immersi e riemersi con un andamento carsico. Dicevamo all’inizio dei percorsi carsici dei movimenti. Occorre dire che questo sottende una visione della storia per cui ci sono sempre stati movimenti di rivolta, che poche volte si sono trasformati in rivoluzioni e o trasformazioni, ma ciò che è sempre avvenuto è che le classi dominanti dopo essere riuscite a riprendere il predominio hanno sempre fatto terra bruciata cercando di cancellare la memoria e le tracce dei vinti. I vinti che per un po’ si sono trasformati in ‘carbonari’ fino a riemergere quando riappare la luce. In questa che io chiamo una staffetta tra le generazioni c’è da parte mia l’ambizione non tanto nascosta di tendere un filo tra i ricordi e le istanze emerse, cercando di capire le ragioni delle sconfitte e cercare di rintracciare il filo o la torcia che unisce le diverse generazioni per individuare le potenzialità e stabilire un percorso ideale al di là di tutte le sconfitte, gli abbandoni le delusioni e i tradimenti. Comunque ogni volta che i movimenti ritornano alla luce è riconoscibile lo stesso fervore della partecipazione politica nel modo di parlare e di dedicarsi a una causa che ho visto a Napoli quando un giovane che fa parte dell’Assemblea permanente Napoliassise, parlava del problema dei rifiuti. Sul frontespizio del sito dedicato a questa iniziativa sta scritto: Il male cresce laddove i ‘buoni’ smettono di agire.
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 Potrei citare molti esempi di ciò che intendo per movimenti carsici iniziando dalla rivolta di Spartaco che non a caso ha dato il nome all’importante movimento spartachista della Germania degli anni ’30, ma mi limito a descrivere gli andamenti carsici avvenuti dalla fine degli anni ’70 in poi. Quando negli anni ’80 sembrava che tutto fosse finito e tra i reduci e i partecipanti al movimento c’era chi si leccava le ferite e chi passava direttamente dall’altra parte e altri ancora, non rassegnati a riprendere la cosiddetta vita normale, andarono a cercare i movimenti altrove e in particolare in Nicaragua con i sandinisti. E anche quella storia tristemente finì. Fino ai primi anni ’90 quando iniziò il movimento della Pantera di cui furono protagonisti i partecipanti al dialogo di cui sopra. Un altro movimento nato agli inizi del XXI secolo che sembrava dar corpo alle speranze di cambiamento a livello planetario è stato il Social Forum che si è tenuto per la prima volta a Porto Alegre nel 2001. Questo movimento è a mio parere l’esempio evidente di come i media dopo la lezione da loro ben appresa dei movimenti degli anni ’70, abbiano imparato ad esorcizzare qualsiasi tentativo di cambiamento radicale dapprima spettacolarizzandolo, poi cercando di cooptarne i leader, e infine mettendo tutto a tacere con il silenzio stampa, salvo dar notizia della violenza dei black bloc e connessi infiltrati. IL Social Forum che aveva dato origine allo slogan ‘ un altro mondo è possibile’ si svolge ancora ogni anno ma a meno di esserne proprio addentro non se ne sente più parlare. Ora però come abbiamo detto non c’è più soltanto la Stampa e la televisione ma ci sono le reti internet che mantengono viva la fiamma dei movimenti . ‘Spartaco è salito sulla gru ‘come si legge sul frontespizio della nova edizione di Frigidaire del gennaio 2001. Le reti internet e il loro Tam tam in tempo reale hanno fatto correre con la velocità del fulmine le notizie delle rivolte dell’Africa del Nord, della Siria, dell’Egitto, Libia, Marocco, Algeria, Sudan, Cile Tunisia, Nigeria, Yemen, e per venire in Europa dalle di piazza a Madrid a Parigi a Londra e via a manifestare. Anche se, come sostiene Zygmut Bauman, questo non significa che la situazione politica cambi radicalmente, anzi. Se questi movimenti non si concretizzano in forme organizzative che rendono possibili veri e propri cambiamenti sociali e politici si rischia che dalle grandi aspettative nascono altrettanto grandi delusioni. Solo laddove queste forme organizzative si sono consolidate sul territorio allora Internet ha una funzione concreta e il tam tam da virtuale diventa reale. Il web, infatti, sta dando nuovo fiato alle trombe resistenti di un movimento che ormai da quasi vent’anni si è attestato in Valle di Susa. Questo movimento, oltre che rendere concreto il motto ‘Ora e sempre resistenza ‘ con sempre rinnovate forme di lotta, costituisce un punto di riferimento logistico per i gruppi che si oppongono alle decisioni delle classi dominanti in tutto lo stivale.
‘La lotta forma la coscienza’diceva un vecchio adagio marxista che si vede concretamente nel movimento dei NO-TAV che nato per opporsi a una delle cosiddette grandi opere ha raccolto persone delle più diverse provenienze sociali e istituzionali che si sentivano direttamente toccate nelle proprie case e nel proprio ambiente di vita. La repressione e le campagne di stampa più disinformanti che mai non hanno fatto altro che radicalizzare sempre più i partecipanti che nei modi più variegati danno prova di quanto questo luogo sia diventato un crogiuolo formativo delle coscienze sia in senso sociale che politico, che spirituale. Per inciso va detto che al presidio si Chiomonte si tengono lezioni di filosofia ed è stato chiesto l’ intervento di un gruppo di praticanti del buddismo zen di Thich Nhat Han.
Siamo realisti, chiediamo l’impossibile stava scritto sui muri della Sorbonne e mai come oggi l’impossibile è diventata l’unica scelta possibile per porre fine alla devastazione ambientale, alle carestie oltre che all’impoverimento di strati sempre più numerosi della popolazione mondiale e invece di subire passivamente la crisi economica ( v. decrescita ) approfittarne per stabilire nuovi valori di riferimento usandola come un’ opportunità di crescita delle coscienze .( v. La decrescita felice) Creare dunque dal basso un movimento rivoluzionario non violento che con tutte le conoscenze acquisite, la consapevolezza degli errori compiuti incominciando da sé operi concretamente per la trasformazione.
Questo ci dicono gli ‘indignados’ spagnoli e questa è l’enorme differenza rispetto al passato, la grande novità che caratterizza i movimenti politici dell’oggi che pure era già presente nei movimenti spirituali che venivano dall’oriente che ora sono trasversali per tutto il pianeta ( per non dire globali termine troppo abusato e equivocabile.)
Un importante movimento spirituale che ha improntato la fine del secolo XIX e l’inizio del XX è stato il movimento teosofico fondato dalla Blavatski a New York nel 1875. La B. stessa, oltre che diffondere la concezione teosofica che le veniva dettata direttamente dalle guide spirituali tibetane, si distinse per il suo impegno politico combattendo tra i garibaldini a Mentana. Le teosofe erano molto impegnate anche sul fronte sociale e del femminismo.
Tra l’altro fondarono diversi istituti per accogliere le donne madri lavoratrici e le persone in difficoltà.
La seconda presidente della società teosofica, Annie Besant dopo aver partecipato al movimento fabiano a Londra, continuò in India a partecipare alle lotte politiche. Entrò a far parte dell’Indian National Congress, un gruppo che lottava per l’indipendenza del subcontinente oltre a fondare il primo sindacato indiano. Fu anche incarcerata per tre mesi per aver messo nel giardino una bandiera rossa e una verde in segno di sfida. A lei è stata dedicata una delle vie principali di Madras dove è certamente più conosciuta e ricordata che nel suo paese d’origine.
Cos’era successo dunque dal 1936 anno in cui morì la Besant che fece sì che tutti i movimenti sociali e politici di opposizione cancellassero completamente la sua esperienza e la storia del movimento teosofico che pur coinvolse centinaia di intellettuali del mondo anglosassone e americano? A parte gli innegabili errori compiuti dagli stessi teosofi, successe che Hitler, oltre che far leva sulla gravissima crisi economica che attraversava la Germania con il suo potente apparato di propaganda si impadronì e si servì ampiamente della tradizione esoterica e dei testi della Blavatsky. Da quel punto in poi tutta l’esperienza sociale e spirituale portata avanti dai teosofi venne identificata con la destra nazionalista e completamente rifiutata dalla sinistra storica che fece l’operazione di buttare via l’acqua sporca con il bambino.
Nostro compito è ora recuperare quel bambino riprendendo possesso delle potenzialità spirituali presenti nella concezione teosofica e non soltanto.
Tra le innumerevoli opere che scrisse la Besant ce n’è un’intitolata ‘L’energia delle forme pensiero ‘ Alle forme pensiero fanno riferimento oggi coloro che sostengono l’importanza di utilizzare anche l’energia spirituale per potenziare e rafforzare i movimenti che agiscono per la trasformazione sociale e politica.
Per intendere di che si tratta quando si parla delle forme pensiero si può far ricorso oggi alla neurofisiologia per cui è stato dimostrato che se una persona fa un movimento questo risulta nelle circonvoluzioni cerebrali ma anche quando pensa di fare un movimento risulta nello stesso modo. Su questa scoperta si basano gli allenatori degli atleti per prepararli alle gare. Ricollegandoci a ciò che la Besant sosteneva e a molte altre tradizioni spirituali, con riferimento a tutte le nuove scoperte scientifiche collegate con la teoria dei quanti e soprattutto partendo da sé, occorre agire individuando delle forme di intervento individuale e collettivo al fine di rendere possibile quell’ "altro mondo" per cui uniti da un filo rosso inestinguibile hanno lottato e lottano i ribelli e i rivoluzionari di tutte le latitudini e le epoche storiche. 


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