giovedì 19 marzo 2015

Cito pari pari un brano di Krishnamurti che condivido :

Violenza non significa soltanto uccidere qualcuno. C’è violenza quando usiamo una parola tagliente, quando facciamo un gesto per respingere una persona, quando obbediamo per paura. Quindi la violenza non è soltanto quella delle stragi organizzate nel nome di Dio, della società o del paese. La violenza è molto più sottile, molto più profonda, e noi stiamo indagando la vera profondità della violenza. Quando vi definite indiani o musulmani o cristiani o europei, o qualsiasi altra cosa, voi siete violenti. E sapete perché? Perché vi state separando dal resto dell’umanità. Quando vi separate per una fede, per nazionalità, per tradizione, questo produce violenza. Quindi, una persona che cerca di comprendere la violenza, non appartiene a nessun paese, a nessuna religione, a nessun partito o sistema politico; si preoccupa della comprensione completa dell’umanità.
Da: Jiddu KrishnamurtiLibertà dal conosciuto, Astrolabio Ubaldini, 1978.

Le dita di una mano ovvero ogni dito per sé e dio per tutti

Incontro dell'11-3-2015 a Palazzo Madama così pomposamente annunciato: “La cultura dello specchio. Stare insieme come le dita in una mano”. Una conferenza sulla pratica collaborativa. - Segue  inaugurazione della mostra “Donne che vedono il futuro”

 Premessa : qualche mese fa mi è stata segnalata un'iniziativa che si teneva a Palazzo Madama in cui in quanto donna venivi fotografata e facevi le tue considerazioni su cosa pensavi del futuro. Con altre 59 donne di tutte le età , ho partecipato presumendo di poter dire la mia e che quanto dichiaravo sarebbe stato in qualche modo pubblicizzato . Da tempo cerco di diffondere quando e dove mi è possibile l'importanza di un cambiamento di paradigma basato su una diversa concezione del mondo che ha al suo centro l'energia e la spiritualità , al di là della concezione positivistico- materialista. Così per la prima volta ho messo piede nelle stanze di Madama e sono rimasta colpita dal sole di quella splendida giornata che entrava dalla vetrata di una delle più belle sale del palazzo . Per formazione e convinzione non ho mai amato visitare i luoghi reali e imperiali di qualsivoglia cultura, ma tant'è quella mattina oltre che mettermi in posa per la fotografia, pur accecata dal sole del mezzogiorno, ho scritto una decina di righe su cosa pensavo che potrebbe essere il nostro futuro. Presunzione o arroganza che fosse ho fatto tutto ciò con convinzione e dopo tre mesi sono stata invitata personalmente alla presentazione della mostra di fotografie nelle stesse sale dove erano state scattate . Oltre che invitare amici e parenti sono arrivata vestita di tutto punto e puntuale all'inizio della conferenza il cui titolo non aveva alcun riferimento con le donne e cosa pensano del futuro bensì : La cultura dello specchio. Stare insieme come le dita in una mano.  Una conferenza sulla pratica collaborativa . Appena arrivata mi sono guardata intorno e accorgendomi dell'ufficialità dell'evento dal tipo di pubblico e dagli scambi di conversazione , mi sono subito sentita come un pesce fuor d'acqua . Cosa ci faccio qui . What am I doing here? Un'aliena in un pianeta che non è mai stato mio .Ma forse è la mia solita parte giudicante che esce fuori -mi sono detta . Lasciamola da parte e stiamo a vedere e soprattutto sentire . Finalmente dopo tutto quel brusio mondano la conferenza è iniziata e durante i primi interventi ho aperto le orecchie e anche un po' il cuore . Collaborazione, solidarietà, lo specchio, l'accettazione della diversità , tutte belle parole e ben esemplificate addirittura con suggerimenti della forma concreta in cui questo si può manifestare : il cerchio, l'abbattimento delle mura separanti come ha detto Calabresi, il direttore della stampa , seguito dall'intervento di Giuliana Galli , religiosa con Laura in sociologia e master acquisito in Florida, non nota solo a me, già vicepresidente nel consiglio della compagnia di S. Paolo ,imprenditori e bancari . I soliti noti insomma che dicevano la loro sulla solidarietà . Quando poi siamo arrivati al manager bancario e all' imprenditore che sottolineavano e mettevano in rilievo come le pratiche collaborative migliorano i risultati e i profitti e tutti insieme volevano dare l'immagine di una società armonica e collaborativa, allora nuovamente il mio salvifico spirito critico della ragione non pura mi si è parato davanti . Ma dove, ma quando mai tutta questa armonia e solidarietà ? In una società sempre più separata in cui alte si alzano le mura tra emarginati e sommersi e ultraprivilegiati . Alla fine è arrivato il turno della fotografa che avrebbe dovuto collegare il tema della conferenza sulla pratica collaborativa con le fotografie e le dichiarazione delle sessanta donne convenute al palazzo della Madama . Forse si un po' c'ha provato, dicendo che qualcuna delle donne fotografate si era aperta con lei parlando dei propri problemi . Certo che in una mezz'ora quanto ci avevano concesso non so come sia stato possibile . E poi chi ha solidarizzato con chi se alla fine siamo state invitate nella sala accanto a vedere la mostra delle fotografie e ciasuna di noi per proprio conto a cercare la propria immagine, tutte separate senza conoscersi o guardarsi in faccia l'una con l'altra, ma ognuna per sé con i propri amici e parenti . Altro che le dita in una mano . E alla fine tutte fuori alla spicciolata senza neanche un piccolo rinfresco offerto da 'Madama' . Oltre la porta su un banco a bella posta in vendita i cataloghi che a noi fotografate, con quello che pensiamo del futuro scritto così piccolo che ci vuole una lente a leggerlo, sono 'offerti' con lo sconto del venti per cento :15 euro invece di venti. Tutto qui?si, proprio tutto qui e ben mi sta che mi illudevo che davvero per una volta si desse rilievo a ciò che 60 donne non note pensavano del futuro oltre che mettersi in posa davanti alla fotografa ufficiale di Palazzo Madama, desiderosa di rinverdire la sua fama e di averne riscontro in un catalogo pubblicato per la bisogna.