lunedì 27 aprile 2015

quando leggo su face book : a cosa stai pensando a me non viene da dire' saran fatti miei', perchè penso che siamo tutti collegati, ma in un'epoca in cui il link- che vuol dire collegamento - è entrato nel nostro quotidiano siamo sempre più isolati nelle nostre monadi elettroniche . Mi viene ancora in mente che c'è una perifrasi sul Cartesio di penso dunque sono che dice : io penso dunque non sono qui, ma si potrebbe altrettanto dire io sono sul mio cellulare, dunque non sono qui .
A questo proposito concordo pienamente con quanto scrive Paolo in Zen in the city : 
 "Basta un breve viaggio in treno per rendersi conto di cosa stia succedendo a noi esseri umani. I dispositivi digitali – come computer, tablet e smartphone – sono diventati inseparabili appendici del nostro corpo, che ci consentono di essere perennemente connessi alla rete. Essere online, qualsiasi sia la sua motivazione (relazioni, lavoro, divertimento), spinge ciascuno lontano dal luogo e dal tempo nel quale si trova in quel momento.
Dunque siamo vicini, gomito a gomito, eppure lontanissimi nelle intenzioni e nella presenza mentale. Ma ancor prima di questa separazione dagli altri, si crea e si acuisce sempre di più, all’interno di ciascuno di noi, una frattura tra la mente e il corpo.
Questa frattura ha conseguenze terribili. Ci rende incapaci di vedere l’insorgere (e poi lo scomparire) delle nostre emozioni, che si manifestano tutte a livello corporeo. Col passare del tempo finiamo per non essere più capaci di riconoscerle. Le nostre emozioni richiedono attenzione, manifestandosi molto spesso come dolori muscolari (mal di schiena, torcicollo) o dell’apparato digerente, ma noi non lo sappiamo, perché non ce ne accorgiamo, e portiamo la nostra capacità di resistere ai suoi limiti. Diventiamo inoltre incapaci di vedere le emozioni degli altri e le emozioni che esse provocano in noi, e dunque, così ciechi, ci scontriamo con chi ci sta vicino – in famiglia, al lavoro, per strada – combattendo battaglie continue, nelle quali ciascuno cerca solo di riempire il sacchetto dei propri presunti bisogni, senza mai cercare di capire cosa stia succedendo veramente.
Possiamo fare qualcosa per fermare questa deriva o è troppo tardi? Certo non possiamo chiedere agli altri, né a noi stessi, di rinunciare a utilizzare i meravigliosi oggetti elettronici che il mercato ci propone in modo sempre più suadente. Ma possiamo renderci consapevoli di quello che avviene nella nostra vita giorno per giorno, ora per ora, magari anche minuti per minuto. Come? È molto semplice: riprendendo il contatto col nostro corpo, e per farlo c’è il metodo più facile del mondo: portare l’attenzione al respiro, almeno ogni tanto. Il respiro è un ponte tra la mente e il corpo, che ci consente di tornare, ogni volta che lo vogliamo (e ce ne ricordiamo) al momento presente, a ciò che avviene qui e ora.
Non aspettare ancora: adesso che hai letto l’articolo fermati, chiudi gli occhi e porta tutta la tua attenzione all'aria che entra ed esce dal tuo corpo, per tre respiri completi."
 A proposito di treni più di una volta  mi è capitato di osservare che se sale un giovane o una giovane si mette sì a sedere preferibilmente vicino a un suo coetaneo, ma tutto il tempo interagisce solo con il proprio strumento elettronico e laddove un tempo potevano nascere degli interessanti in- contri e o avventure,   ora quando ognuno di quei giovani giunge a destinazione l'unica cosa che fa è salutare e andarsene come farebbe  o fa con me . Ma allora perchè si siedono vicino ? 

venerdì 24 aprile 2015

continuazione 

Dicevo della manifestazione 



é stata una manifestazione molto partecipata e  i discorsi ufficiali delle donne delle istituzioni presenti ,come la vice sindaco , non erano retorici bensì sentiti e propositivi . Ma non c'è proposta che tenga ,né soluzione risolutiva . Che ognuno faccia la sua parte ...per quello che può e deve. 




LA GRANDE IPOCRISIA
"Ma in Somalia, Eritrea e Etiopia non ci siamo stati noi per quasi un secolo? E con il dittatore Siad Barre e i militari etiopi non abbiamo fatto affari? La guerra civile in Nigeria non nasce anche dalla presenza del petrolio sfruttato della multinazionali occidentali? Il caos in Libia non è figlio della distruzione dello Stato grazie ai bombardamenti francesi, inglesi e statunitensi? Congo, Camerun, Costa d’Avorio, Ghana non sono piegati, sfruttati e stran
golati dalle politiche del Fondo monetario internazionale nonché da chi sfrutta l’oro, l’argento, il rame e il coltan? Tante domande, una sola certezza: i veri responsabili del disastro umanitario nel Mediterraneo, di questo vero genocidio, si trovano nei governi Occidentali e nei consigli di amministrazione delle multinazionali"

Questa in sintesi la spiegazione di quello che sta succedendo. Ma che cosa possiamo fare noi cittadini comuni per sentirci parte in causa . Intanto quando ci sono convocazioni di manifestazioni tempestive come quella del 21 aprile in Piazza Castello a Torino  andare partecipare per sentirsi comunque meno impotenti . Così ho fatto e per fortuna la convocazione a nome del Sereno Regis si è unita con quella dei sindacati . Che senso aveva convocare in due luoghi diversi della piazza -mi domando e vi domando . Passo e chiudo e cito una delle risposte a dei versi che nel lontano 1978 avevo scritto dopo la sconfitta delle lotte degli anni '70 che qui riporto :
Che cosa posso fare?
Che cosa posso fare io contro la miseria e la fame
se non la carità.
Che cosa posso fare io contro lo sfruttamento
se non farmi sfruttare.
Che cosa posso fare io contro l'oppressione
se non essere oppressa.
Che cosa posso fare io contro la controrivoluzione
se non indignarmi davanti alla televisione.
Che cosa posso fare io contro le guerre
se non cercare la mia pace.
Che cosa posso fare io contro il razzismo
se non rimanere bianca.
Che cosa posso fare io contro lo stordimento delle merci
se non andare per supermercati
 con il carrello semivuoto e gli occhi fissi
 ad acquistare ciò che non mi serve.
Che cosa posso fare io contro lo scempio dei bambini
 e la fame di milioni di esseri indifesi
se non inseguire l’utopia di una maternità universale
Che cosa posso fare io contro l'odio che divide
se non odiare ancor più forte
chi sfrutta opprime e uccide.
Che cosa posso fare io per assaporare l'amore
se non innamorarmi di tanto in tanto
e opprimere o farmi sfruttare fuggire  o cercar riposo
finché amore universale non sia solo retaggio di uomini eletti a scrivere
sulla sabbia come bambini che costruiscon castelli
 per poi distruggerli prima che li lambisca il mare.
                                                                                    Moncalieri 1980