sabato 13 febbraio 2016

Ali

Ciascuno di noi porta nascoste nelle scapole un piccolo paio d'ali. E prima o poi nella vita viene il tempo in cui potrebbe imparare a volare . Ma le ali sono delicate,han bisogno di amorevoli cure che e al più piccolo urto si staccano : temono i forti venti e cercano brezze gentili.
Le brezze portate da diverse correnti : dell'impegno civile fino al sacrificio di sé
dell'ascolto dell'armonia e del fiato del mondo
della visione e della scrittura poetica
dell'amore e dell'ascesi evolutiva.

agosto 1994 Città di Castello
Ali

Ali tarpate
Mi han tarpato le ali della fantasia
Quando fanciulla
mi negarono i racconti delle fate
Ali mozzate
con la lingua mozzata
dalla fame
impossibile volare

Ali ferite
sono nata a Mostar
e volevo volare
in alto
in alto
ancora più in alto

per non sentire
gli scoppi dei mortai
bucare gli orecchi e le budella
il pianto dei bambini
e le grida dei feriti

per non vedere
i morti e i soldati
per le strade

Per sentirmi donna
e non solo serba
croata
e mussulmana

E salivo
salivo
salivo

Uno scoppio, un lampo
rosse diventarono
le mie bianche ali
e sull'alta torre di un tempio
precipitai

Non importa se il tempio era cattolico
ortodosso o mussulmano:
la morte non si cura delle confessioni
non del colore della pelle né degli idiomi.

I morti ammassati sulle strade d'asfalto
o buttati nelle sabbiose fosse africane
hanno lo stesso fetido odore
delle carogne d'animali
Van coperti in fretta
senza riti
In memoria della guerra nella Ex Yugoslavia

                                       1999
































mercoledì 10 febbraio 2016

                                                  Il circo nel cuore


Fin da piccola Sofia era una bambina triste . Quando tutti gli altri bambini giocavano rimaneva sempre in disparte .
“ Dai, su Sofia “ dicevano i suoi amici in coro “ vieni a giocare con noi. Non rimanere lì da sola. “Ma non c'era verso . Lei preferiva starsene per conto suo a leggere o a guardare la TV . Ma non la guardava tanto perché mamma Teresa si era accorta che se c'era qualche scena violenta chiudeva gli occhi e si metteva a piangere . Sommessamente così come fa un pulcino bagnato dalla pioggia .Così la mamma accorreva e chiudeva l'apparecchio.
Passarono gli anni e Sofia cresceva ma era sempre triste e malinconica, fino a quando, giunta all'età 11 anni, nelle vicinanze della sua casa arrivò un circo. Senza animali per fortuna, altrimenti Teresa non l'avrebbe portata a vederlo perché era un'animalista convinta. Sia pure a malincuore comprava la carne per darla da mangiare alla sua bambina, perché il dottore glielo aveva consigliato, ma per lei preparare quei piatti era una vera tortura.
Fatto sta che una sera d'estate Sofia con il fratello Angelo, mamma e papà, andarono tutti insieme al circo.
Quale fu la sorpresa di Teresa quando si accorse che per la prima volta dopo tanto tempo vide saltare sulla sedia dalla contentezza Sofia. Ogni volta che vedeva un circense fare acrobazie straordinarie e i clown fare gag tra di loro si alzava in piedi e si metteva ad applaudire . Bravi bravi -ripeteva E dunque c'era qualcosa che entusiasmava la sua bambina -pensò mamma Teresa, tutta contenta anche lei. Ma la sua soddisfazione non durò a lungo perché poco tempo dopo Sofia le chiese se poteva unirsi a quelli del circo che stavano levando le tende.
Ci volle del bello e del buono a convincerla di finire almeno la terza media . In quei due anni, che passarono molto in fretta, Sofia si era tenuta sempre in contatto con l'amico Alberto , che aveva conosciuto per caso passeggiando da sola nei dintorni del circo. Fu così che, appena compiuto il quattordicesimo anno, Sofia chiese ad Alberto dove avevano piantato le tende per raggiungerlo . Mamma Teresa, vedendola così determinata e decisa l'aveva accompagnata in treno, tenendo all'oscuro il papà . Giunte all'accampamento del circo, si presentarono al direttore che, convinto dalla passione della ragazzina, decise di metterla alla prova . Le diede il permesso di fermarsi, affidandola a una acrobata dell'età di Teresa, che si sarebbe presa cura di lei mentre le insegnava il mestiere . Sofia si sistemò nella carovana e mamma Teresa rassicurata se ne andò.
Ben presto Sofia imparò a impadronirsi delle tecniche circensi più complicate come rimanere sospesa,saltare da una passerella ad un altra senza rete, rimanere a testa in giù e camminare sulla fune . Era così felice quando volteggiava là in alto : si sentiva come avesse un paio di ali . C'era un esercizio di cui Sofia era diventata maestra . Saliva su una lunga scala che Alberto nel frattempo teneva in equilibrio, e, giunta al penultimo gradino con un ombrello in mano, si fermava e con una mossa veloce lo apriva, Dall'alto piovevano tanti bigliettini che gli spettatori, finito lo spettacolo, andavano a raccogliere.
Ecco qui Sofia, durante il suo acrobatico esercizio e tra tutti i suoi bigliettini il vento ne ha raccolto uno per te .


Sul bigliettino c'è scritto : Ascolta sempre il tuo cuore e sarai felice .




lunedì 8 febbraio 2016

Resoconto di una sin-cronicità verificatosi sabato 6 febbraio in occasione della giornata dedicata alle nuove schiavitù . ( mai niente è per caso)
Sono entrata in chiesa a S. Rocco e lì nelle didascalie della mostra dedicata a Don …..-(non mi ricordo il suo nome ) ho letto una frase in cui era condensata la concezione cristiana del sacrificio,della sofferenza e della terra vista come una valle di lacrime. Cito a braccio : “...quando penso agli ultimi ( chissà perché poi si devono definire così dal momento che le parole sono pietre? ) e alle loro sofferenze è importante che noi impariamo a condividere il loro soffrire . Ecco ci risiamo ,ho pensato, questa è proprio la morale di un cristianesimo che non ho mai condiviso . Perché forse se io soffro con loro, loro soffrono meno ?– mal comune mezzo gaudio e compagnia proverbi-ante e così li aiutiamo a risolvere i loro problemi... Mi son guardata intorno e c'era la veglia prima della processione . Non mi sentivo in sintonia . Così esco e mentre penso cosa fare se rinunciare o stare a vedere senza partecipare, mi siedo a bere una cioccolata calda nel bar accanto . Poi rientro e assisto a una sorta di rituale in cui un sacerdote porta l'ostensorio in giro per la chiesa seguito da giovani donne vestite prima di nero poi di bianco . Ma non c'è solo lui . C'è anche Fredo con la sua giacca nera e rossa che prende in mano il microfono e dice una frase che mi colpisce in pieno : Bisogna imparare a stare insieme . Non importa se non la pensiamo nello stesso modo, ma occorre fare le cose insieme perché da soli si è ancora più impotenti. Si è vero è proprio così. Lo sta dicendo in questo momento proprio a me che in gran parte della mia vita , sono andata avanti da sola o in piccoli gruppi, perdendo molti sulla strada, disperatamente cercando di seminare qua è là volani di cambiamento. Questo dopo il decennio in cui in molti abbiamo sperato che tutto cambiasse per il meglio e poi son venuti gli anni di 'plastica ', e si son levati muri sempre più alti tra le persone,i luoghi e le nazioni, nonostante la caduta del muro di Berlino.
Ora vorrei fermarmi, ma i negozi stanno chiudendo e devo comprare qualcosa che domani è festa, così riesco in strada. Infine quasi come se fossi spinta da una voce interiore ritorno nuovamente a S. Rocco,la chiesa non parrocchiale e meno male ché le parrocchie mi sono state sempre strette, cattoliche o buddiste che fossero. Ora finalmente questa volta mi sento nel posto giusto . I componenti del gruppo che canta i gospel, imitando alla perfezione gli africani che li hanno diffusi nelle chiese evangeliche di tutto il mondo, hanno trascinato nella loro foga e nel ritmo scatenato della musica i partecipanti all'evento e tutti insieme battiamo le mani ci muoviamo al ritmo della musica . Una giovane donna africana si avvicina ai microfoni e canta con la sua bella voce seguita dal coro dei cantanti convertiti al gospel, mentre le collaboratrici di Fredo offrono pezzi di pizza e dolci accompagnati da un tè caldo distribuito ai presenti riscaldati e unificati. Così sì che funziona mi dico convivialità e trasmissione di energia. Me lo aveva insegnato Bazile, proprio in Africa ad Abidjan . Ben ricordo che stavamo andando verso un posto dove si ballava e mentre camminavamo sulla strada lui che era anche impegnato in politica- tanto che la seconda volta che sono tornata mi hanno detto che era in prigione,- mi aveva messo al corrente di una vicenda drammatica che stava succedendo nel Ciad . Mentre parlava si mostrava veramente afflitto dalla situazione africana sempre più dilaniata e preda di predoni colonialisti e locali. Quando siamo arrivati nel locale lui senza indugiare va in mezzo alla pista e si mette a ballare freneticamente . Io rimango seduta pensando a quanto mi ha raccontato e allora lui viene vicino a me e mi domanda perché non mi metto a ballare anch'io . “ Non ne ho voglia gli dico – ma poi anche tu sei un bel tipo . Un quarto d'ora fa sembravi molto afflitto e ora ti sei messo a ballare come se niente fosse . “
La sua risposta è stata questa : “ Sì è vero nel Ciad succede tutto quello che ti ho raccontato, ma loro stanno combattendo e noi non li aiutiamo certamente se piangiamo per loro . Se non stiamo bene noi non possiamo certo aiutare nessuno . Invece finché possiamo lì aiutiamo se stiamo uniti e rafforziamo la nostra energia . Questo noi facciamo quando ascoltiamo la musica e balliamo …
E questo è successo ieri a S. Rocco , la chiesa non parrocchiale grazie ai gospel e alla presenza degli africani e delle africane solidali con le 'nuove schiavitù 'che tutti uniti insieme che sian vecchie o nuove non le vogliamo proprio più.


Il mondo che abbiamo creato è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare Albert Einstein

sabato 6 febbraio 2016

ripensamento sullo scritto di Peiretti( che non mi vuole parlare )

riflettendo sul pezzo precedentemente qui riportato penso che non sono così d'accordo con questa divisione tra piccolo e grande . mi identifico di più con la visione di Lao Tze che così afferma:" Il saggio guarda nello spazio e non considera il piccolo troppo piccolo e il grande troppo grande perché egli sa che non c'è limite alcuno alle dimensioni "e ognuno di noi conosciuto o non conosciuto con seguito o senza seguito ha dentro di sé la luce e l'oscurità . Ho visto la luce in questa bellissima esperienza descritta da un'anonima nel senso di non nota grande donna che si firma Valentina Lo Surdo :
In queste settimane sono in India per un viaggio che sta toccando vari luoghi sacri, l'ayurveda, lo yoga, la musica classica indiana. Ma niente si sta rivelando più incredibile per me dell'esperienza a contatto con Magia Verde Onlus e del lavoro che sta svolgendo in Tamil Nadu. Grazie al sostegno di molti amici nel nome dello slogan "We Are One", ho potuto portare a nome di tanti di voi un aiuto preziosissimo per il futuro di questi bambini. Certo, il mondo è pieno di realtà come queste, tutte ugualmente bisognose, ma qualsiasi sia l'esperienza che scegliate di vivere, con tutto il cuore auguro a ciascuno di voi di intraprenderla al più presto. Cambia tutto...e che spreco sarebbe tornare poi indietro. Non mi riferisco a un semplice viaggio in un paese esotico del terzo mondo. Mi riferisco a stare con loro, a buttarsi, e vivere come loro per un po'. Meditare in un tempio fatto di niente, camminare a piedi scalzi perché in fondo non ci serve proprio nulla e nemmeno le scarpe, pregare prima di mangiare con chi a ogni boccone sa che è ciò che serve a mandare avanti il mondo, festeggiare per il solo fatto che io sono venuto a trovare te, e viceversa, vivere con un euro e mezzo al giorno e rendersi conto che puoi andare molto oltre ogni tuo limite presupposto...sono comprensioni che nessun racconto può spiegare. La profondità della pratica si evolve molto velocemente qui, a contatto con l'altra faccia del mondo. Il senso di fusione dell'io nel tutto esplode a occhi aperti nella gioia, nella compassione, nella gratitudine, e nell'amore. Non serve assumere una posizione da Buddha...serve venire a vedere, a vivere. Mandateci i vostri figli, mandateci chi amate, mandateci voi stessi. Sarebbe bellissimo vivere un'esperienza così insieme. Per ora vi porto con me!

venerdì 5 febbraio 2016

In morte di Nanni da Enrico



Riporto pari pari lo scritto di Enrico Peiretti, che si definisce operaio della penna, perché lo 
condivido appieno e mi commuove . Con il suo permesso lo 'posterò ' nella mia pagina facebook . Con il suo permesso perché gli operai della penna non amano facebook . Anch'io non  amo particolarmente Facebook ma di questi tempi quando trovarsi e guardarsi negli occhi è sempre più difficile almeno lì ci si incontra virtualmente  e perché no anche idealmente . 

Dalla morte di Nanni Salio molti di noi sono stati spinti a riflettere sul nostro morire. Noi viviamo una piccola vita, e una vita grande. La piccola vita è questa individuale, molto limitata, fragile, Nanni diceva “impermanente”. Una vita tanto più piccola e misera se è un vivere egoista, tutto per noi, dalle prospettive piccine, ristrette. La vita è troppo piccola in una società in cui ognuno vive per sé, tutti in competizione e rivalità, per avere più che essere, per prendere più che dare: una società di rivali e non di soci, di alleanze armate e non di amicizie, di guerre private che producono guerre di stati e di bande.
Ma c'è anche una vita grande: un vivere che guarda a obiettivi degni di una umanità più compiuta: un vivere gli uni con gli altri, gli uni per gli altri, dove ognuno dà il meglio di sé, cerca di collaborare a costruire valori, riceve e dona, dona e riceve; un vivere in cui, nonostante i nostri limiti e difetti, c'è una buona dose di sincerità, fiducia, gratitudine, generosità, gratuità. Anche se la società è governata dal denaro e dalla speculazione predatoria, ci sono pure reti di persone che vivono in grande, non perché siano o si credano superiori, ma perché respirano una vita più grande. La nostra vita ha il valore di ciò che va cercando.
La vita piccola e meschina si accartoccia nel suo limite, la troviamo tutta finita nei limiti di spazio e di tempo che ci circoscrivono. L'avaro muore dentro la sua avarizia. La vita grande, vissuta da persone anche modeste e umili, vive tutti i valori più umani, più veri, più aperti alla giustizia, alla libertà e all'amore, e perciò ad una umana felicità possibile. E' vita grande perché ci associa a tutti i viventi, anche di ieri e di domani, a tutte le vite più illuminate, come a quelle schiacciate, soppresse, ignorate. E' quella che Aldo Capitini chiama “compresenza dei vivi e dei morti”, e di tutto ciò che vive o ha vissuto. Nanni aveva Capitini come uno sei suoi maestri di vita.
Noi, piccoli e mortali, fragili e incerti, siamo avvolti, abbracciati, come dal cielo e dall'universo, da una realtà viva che sapienze, religioni, filosofie, tradizioni, chiamano e pensano in vari modi, oppure anche mettono del tutto in dubbio. Noi possiamo pensare, e in certi momenti anche intuire, che questa sfera di vita più grande di noi, ci abbracci e ci nutra silenziosamente, e anche amorevolmente, come il seno di nostra madre ci ha formato e nutrito, con un bene di carne e di spirito, prima e dopo la nostra nascita personale. Possiamo pensare, sperare, ipotizzare, possiamo anche credere, sulla fiducia verso qualche “grande anima”, che quella superiore sfera di vita ci accolga, come braccia materne, quando la malattia, la vecchiaia, la morte ci rifanno piccolissime creature prive di tutto, bisognose di tutto, sull'orlo della ricaduta nel nulla.
Possiamo sperare questo? Forse un segno è nel fatto che chi muore è per noi un appello radicale ad una crescita della nostra umanità: siamo feriti dalla perdita di una calda presenza, ma siamo chiamati a coltivare intensamente il ri-cordo (ritenere dentro di noi, come una madre, vicino al cuore) del volto, delle parole, dell'azione di chi è morto. La sua vita passa un poco in noi: mentre la perdiamo la troviamo. Per questo dei morti si dice bene: perché è il loro bene che viene a noi, non il resto, non le scorie, e abbiamo bisogno di riconoscere tutto quel bene.
Se tutta la nostra umanità, tutto il suo significato è appellato e messo in gioco dalla morte dell'amico, vuol dire che quel suo passaggio oltre l'orizzonte visibile, ci mette in qualche (almeno momentaneo) contatto con una sfera di umanità non solitamente sperimentata. Che cosa è il nostro vivo intenso ricordo dei cari morti, così tanto silenziosi, se non l'ascolto intimo e tacito di una sfera di vita più grande di questa? Si può pensare così, senza certezza ferrea, o anche restare incerti, scettici, ma forse non si può avere la certezza negativa, di un nulla decisivo che annulli questa vita.
Il morto caro ci porta con sé, affettivamente più che cognitivamente, in una sua sfera che, pur nel dolore, ci consola: infatti diciamo che i morti sono nella pace, nel riposo dai travagli e dalle illusioni di questa vita, che pure amiamo e difendiamo. Li sentiamo nella pace, che è il compimento ideale della vita. Essi sono passati nel travaglio della morte, a volte atroce, ma forse ora respirano una pace viva. Possiamo intuire questo perché noi cerchiamo una vera pace qui, per tutti, nelle vicende della storia.
Allora, chi, come Nanni, ha vissuto e lavorato per quei valori della vita più grande, possiamo ora pensarlo e sentirlo appartenente alla sfera di luce che riscalda e chiama avanti questa nostra piccola vita che incontra la morte. Noi siamo ciò che cerchiamo. Chi, come Nanni, ha vissuto per costruire la pace nonviolenta (una pace non imperiale) tra i popoli, le culture, le persone, chi come Nanni ha vissuto per gli altri, è accolto e vive nella Grande Vita.
E. P.
Gandhi, su colui che comunemente è chiamato Dio, scrive: «…vi è una forza vivente, immutabile, che tiene tutto assieme, crea, dissolve e ricrea. Questa forza o spirito informatore è Dio (…). E questa forza è benevola o malevola? La vedo esclusivamente benevola, perché vedo che in mezzo alla morte persiste la vita, in mezzo alla menzogna persiste la verità, in mezzo alle tenebre persiste la luce».
(Gandhi, Antiche come le montagne, Edizioni di Comunità, Milano 1965, p. 100).


Perdersi

Perdersi di vista

Non perdiamoci di vista si dice così quando ci congediamo da una persona che ha fatto un pezzo di strada con noi , lungo e breve che fosse ma con cui ci si è sentiti a casa . Diceva Herman Hesse che è difficile sentirsi a casa ma quando si incontra una persona con cui si sente un'affinità profonda allora sì che ci si sente a casa.
Perdersi per strada

o per meglio dire quando si sceglie una strada e la si persegue vicina o lontana che sia, si perdono le persone che rimangono ferme o ne scelgono un'altra.
Ho perduto tante persone per strada nella mia vita sia pure con la speranza di ritrovarle un dì chissà dove chissà quando – come diceva il finale del film Stranamore di tanto tempo fa -
Speravo, ritornando nel luogo da cui le strade e poi la strada è iniziata, di ritrovare le persone con cui avevo condiviso tratti di vita . Ma vent'anni sono tanti massime i vent'anni della vita in cui si rafforzano i legami quelli più vicini e l'abitudine reiterata ci conferma nelle nostre identità familiari.

Ho incontrato a Roma Milena una pittrice ultrasettantenne ex-iugoslava come si chiamava lei e siamo diventate amiche con suo grande stupore perché non pensava di essere più aperta per nuove amicizie . Aprirsi non chiudersi com'è la tendenza andando avanti negli anni . Non ho mai amato chiavi, porte e steccati ...

Un essere umano è una parte di una totalità chiamata universo , una parte limitata in tempo e spazio. Egli fa esperienza di se stesso, dei suoi pensieri delle sue sensazioni, come di qualcosa di separato dal resto, una specie di illusione ottica della sua consapevolezza. Questa illusione è per noi come una prigione, ci restringe ai nostri desideri personali e all’unione con poche persone, le più vicine.

Albert Einstein

Questo aforisma attribuito ad Einstein è che ci dice come siamo tutti collegati come la fisica quantistica ribadisce e prova, è da tempo entrato nel mio orizzonte e succede che se incontro un pensiero che mi calza bene cerco di farlo mio e la vita regolarmente mi risponde .

Per mia scelta e conseguente necessità anche ora ultrasettantenne continuo a condividere la casa con persone delle più svariate provenienze età e genere e se con alcune-i non è stato per niente facile con altre-i invece mi son sentita proprio a casa nella mia casa di quel tempo lì. Ricordo una vedova argentina, arrivata come un raggio di sole in un momento difficile della mia vita, che parlando della perdita del suo amato compagno, diceva che comunque ringraziava la vita che le aveva regalato otto anni di un amore perfetto . Grazie alla vita che mi ha dato tanto...
Così come ora è arrivata di passaggio una giovane donna che ha portato con sé sprazzi di un futuro che si intravede nelle notte scura che stiamo attraversando . Ma come diceva non ricordo chi è proprio quando la notte è più scura che si cominciano a vedere le stelle.

Perdersi

è anche il titolo di un libro di Franco La Cecla un ex architetto viaggiatore antropologo che stimo molto e che ha presentato il suo nuovo libro alla fiera del libro di Roma . C'erano poco più di otto dieci persone e mi sono stupita ché lui ha pubblicato con editori importanti .
C'erano poco più di dieci persone anche alla mia presentazione dell'ultimo libro, di cui avevo mandato l'invito agli amici e ai parenti torinesi per raccontarvi le mie strade e ritornare 'in vista' . D'altra parte si sa i libri non fanno notizia e ognuno è preso dalla sua vita e dalle sue priorità e in più ci si è messo anche il tempo.
Avrei potuto anche non scrivere – vi e dimenticare le sedie vuote della mia presentazione, ma per l'appunto sono una scrittrice e si sa noi scrittrici usiamo la scrittura un po' per sfogo e un po' perché nutriamo la speranza che qualcosa giunga nell'animo di chi ci legge .  dicembre 2013



Post -scriptum - Stavo pensando oggi 4 febbraio 2016 mentre assistevo al funerale di Nanni Salio che è bene avere tante persone che seguano il funerale per chi crede ma anche per chi non crede nelle religioni ufficiali, ma pensa che come dice il Bardo il morto accompagnato sia facilitato nel passaggio . Nanni è stato molto accompagnato e rimpianto . A me ancora poco tempo rimane per crearmi gli accompagnatori ché troppo solitaria è stata la mia strada ... 







giovedì 4 febbraio 2016

In morte di Nanni Salio

 E' morto Nanni Sallio il custode, l’ anima, la sapienza del Sereno . Il Sereno Regis io credo lo si possa definire come il  Centro Studi più ricco di narrazioni, documenti e volumi di tutta l’ Italia. Sui temi della pace, della nonviolenza. 
Io non l’ho conosciuto poi molto Nanni. Visto spesso si,  tra le sue sudate carte. Oppure quando  nelle  nostre interminabili riunioni di gruppo mentre cercavamo di creare ogni estate occasioni di incontro e di consapevolezza lui passava, ascoltava, buttava  nel piatto delle idee  e dei sogni un riferimento, un invito ad un  convegno. Ci ascoltava e non riuscivi mai a capire se in cuor suo pensava che stavamo seminando  bellezza o vento o paura.
Nanni passava, fiero di avere inaugurato da non tanti mesi a pochi passi dal Sereno , Irenea , una sala di cinema per proiettare film di pace , una sala ancora carica di debiti ma perfettamente varata e galleggiante nel suo compito di diffondere  e promuovere cultura per  gettare sabbia negli ingranaggi della guerra. Alle volte ci sgridava, “come potete parlare di una cosa così complicata come la fisica quantistica se non avete letto almeno questi volumi” diceva  e intanto alzava la mano ad indicare una scaffalatura immensa rivestita di libri.
 Era sempre triste,Nanni,  la sua tristezza alle volte mi spaventava,  poi superavo il timore reverenziale che ho sempre avuto verso coloro che  hanno studiato a lungo e che non dicono mai una parola a casaccio o se non è documentata  e allora lui ti prendeva per mano e ti raccontava il mondo.
 Quante volte ho pensato : adesso mi prendo una giornata sabbatica e vado da lui ad esprimere dubbi a cercare certezze. Non è più possibile ora, la sua voglia di un nuovo uomo, di un mondo ghandiano, la sua ricerca di una nuova strada che prosegua quella che da Perugia porta ogni due anni ad Assisi    che tante volte aveva percorso, ora la continueranno  obbligatoriamente altri amici.
  Da campista una promessa, se si farà ancora il campo pacifista con Albino, itinerante in bici sulle strade del Veneto contro il fuoco atomico, nella bandiera della pace che attaccherò al mozzo del parafango incollerò anche il tuo faccione buono.  Perché tu possa continuare a vedere che  la strada interrotta, la strada che non riuscirà più a calpestare non è per nulla finita. Adriano

Adriano ha ben espresso quello che anch'io ho provato con la differenza che abitando a Torino molte volte  ero  andata a parlargli  e lui Nanni pazientemente mi ascoltava . Sembrava darmi ragione specialmente dopo che  mi aveva dato una traduzione da fare che spiegava come superare i conflitti, tenendo conto delle nuove scoperte della fisica quantistica . Per me quella  è stata una vera  rivelazione che voleva e vuole dire che occorre tradurre in termini di comportamenti il nuovo paradigma scientifico che mette al primo posto l'energia e l'influenza dell'osservatore sull'esperimento . E dunque superare la concezione illuministica per cui la coerenza intellettuale, la ragione illuminante, la verità di per sé  rivoluzionaria,siano sufficienti per cambiare la realtà. Occorre invece collegarsi con la concezione dell'energia che nel tao i cinesi migliaia di anni avanti Cristo avevano ben definito. Sì  Nanni mi ha dato ragione e conveniva con me anche quando ho parlato con lui nuovamente catturata da un testo che considero fondamentale intitolato "Come gli hippy hanno salvato la fisica", che lui come fisico approvava . Come fisico ma non come pensatore e come uomo che a mio parere era invece l'ultimo dei veri illuministi con una concezione etica del lavoro ( protestante per l'appunto )  confermata dalla sua più recente  auto definizione di piccola formica . Sì è vero le formiche costruiscono grandi termitai lavorando tutte insieme senza posa ma basta che arrivi un vento forte e i termitai scompaiono . E così fanno e hanno sempre fatto le guerre  mondiali dichiarate come tali  o meno  . Se, come appare,  Nanni ha mollato gli ormeggi soprattutto da quando la sua compagna lo ha lasciato,  quello che percepisco nella  sua morte così subitanea e discreta, riservata come lui era, c'era anche la sua profetica intuizione di essere l'ultimo testimone e attivista di una generazione che sta scomparendo . Ci sono le morti auto procurate come quella di Langer  e le morti cercate per ragioni che vanno al di là delle infermità individuali . 
Scusate tolgo il disturbo ci hai detto Nanni con la tua morte, ma noi che invece siamo  turbati, cercheremo di continuare la tua opera in una catene ideale al di là dei continuismi ideologici . E in occasione dell'anniversario della morte di Giordano Bruno voglio dedicarti ,caro Nanni, queste sue parole che spero ti aiutino ad attraversare il Lete :
Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze porre i semi della nuova cultura che fiorirà inattesa ,improvvisa ,proprio quando i potenti si illuderanno di aver vinto . 

Post scriptum : entrando ieri sera nella la sala Poli così piena e vedendo tanti occhi lucidi che guardavano le foto che lo ritraevano fin dal suo esordio nonviolento da studente, ho capito che ho sottovalutato la sua capacità di parlare al cuore delle persone e questo non ha a che fare con l'illuminismo . Certamente Nanni Salio è stato l'ultimo dei comunicatori non virtuali con gli amici e i conoscenti non avendo altro che il telefono fisso . A parte le sue puntuali e validissime newsletters che ci auguriamo trovino un degno e altrettanto coerente successore o – ahimè non so come si dice un successore al femminile...