martedì 22 novembre 2016

                                   
                       Coabitare 
                                
 Sul coabitare come scelta obbligata
Premessa : Scrivo da moltissimi anni e dunque posso dire di essere una scrittrice, pur con una visibilità pubblica molto esigua, ma penso che raramente sia capitato a chi ha fatto questo mestiere di condividere lo stesso appartamento con tante persone di tutte le provenienze età e attività. Casomai il contrario : alcuni scrittori e scrittrici raccontano di stanze affittate in cui hanno vissuto. Per questo, quando avrò raggiunto il necessario distacco, penso di scrivere un testo ironico dal titolo “L'intercultura del cesso “ quando riuscirò a chiudere definitivamente questa troppo lunga storia. Due anni fa, quando ho iniziato la prima versione di questo scritto, ero reduce dalla convivenza l'ennesima ( centesima ? non ho il coraggio di contarle tutte )coinquilina di provenienza bielorussa di nome Irina. E' stata come condividendo lo stesso cesso e la stessa cucina per sei mesi ma non ho saputo niente di lei eccetto l'età e che frequentava beni culturali all'università . Ma convivenza o per meglio dire coabitazione forzata fu più algida e asettica . Abbiamo pranzato insieme giusto la mattina prima che andasse via dietro mia insistenza per la prima ed ultima volta. E questo la dice lunga su cosa ha significato per me la sua presenza, che ho sempre avuto come riferimento Il testo di Ivan Ilic sulla Convivialità. Per lei la camera era come un appartamento incistato dentro il mio in cui si ritirava a mangiare ed io la sua vicina di casa . Incontrandomi nel corridoio mi salutava gentilmente e tutto finiva lì . Anzi meno che una vicina di casa perché qualche volta tra vicini di casa capita di scambiarsi oltre il saluto anche qualche commento su che succede, sul tempo, di qualche vicino sgarbato. Adesso che ci penso qualche parola sul tempo ce la siamo scambiata ma solo quello. Eppure mi sarebbe piaciuto saper qualcosa di più del suo paese che tra tutti i viaggi che ho fatto non sono mai stata nell'ex Unione Sovietica , ma era uno sforzo tirarle fuori qualche parola in più e non l'ho mai fatto . Forse tempo fa mi sarei sforzata ma credo anzi son convinta che dopo un certo numero di incontri ravvicinati con persone nuove ci sia un limite di sopportazione e di relativo adattamento oltre il quale si rischia l'intolleranza.
Ho avuto forse cinque coabitanti est europee che più o meno si comportavano così e senza pretendere di farne una teoria sociologica sono giunta a questa conclusione : coloro che negli anni del comunismo sovietico ( che più correttamente andrebbe chiamato capitalismo di stato ) hanno subito il collettivismo come imposizione, appena sono riusciti a liberarsi di quella cappa opprimente e a conquistarsi uno spazio privato per sé per la propria famiglia lo hanno difeso con le unghie e coi denti – financo con le armi (non è forse stata una concausa della guerra nella ex Iugoslavia ? ) e chi non vive con me peste lo colga . Comunque sia dell'egoismo famigliare son piene le fosse di tutti i paesi del mondo specie occidentale . Per non parlare della quasi totale sparizione dei rapporti di buon vicinato nel senso dello scambio e della solidarietà . Le nostre cronache sono piene di tristi storie di persone che muoiono in casa e il cui cadavere rimane per mesi nell'appartamento prima che qualcuno se ne accorga. La crisi del vicinato è una caratteristica comune in tutte le situazioni urbane di tutti continenti. D'altro canto il modello appartamento unifamigliare si è affermato nelle situazioni urbane per diffondersi anche nei più sperduti villaggi ed era comunque legato a un economia in espansione in cui ogni famiglia doveva acquistare il suo frigo , la sua lavatrice e via consumando.
Tornando al tema degli egoismi famigliari Don Zeno, fondatore della comunità di Nomadelfia, ne era ben consapevole e sosteneva che l'egoismo famigliare è fonte di separazione peggiore dell'egoismo individuale e per ovviare a ciò ancora adesso nella sua comunità vigono regole precise per evitarlo . Quanto alle conseguenze dell'egoismo famigliare i cosiddetti single ( sempre più numerosi e in crescita ) come la scrivente ben sanno come ci si sente specie durante le festività soprattutto natalizie : come quelli che comunque vengono sempre dopo, outsider. Perché ci sono gli outsider gli insider come ci sono i nomadi e gli stanziali ma questa è un'altra storia .

La coabitazione come scelta
Da anni alla ricerca di riferimenti di tipo comunitario ho partecipato agli incontri degli ecovillaggi , delle nuove forme di coabitazione che vanno da forme di buon vicinato solidale a vere e proprie comunità .Forse profeticamente quando insegnavo durante i movimenti degli anni '70 ( ora ridotti a forme di ribellione verso i padri e o anticamera del terrorismo ) uno dei temi che ho iniziato a trattare in collaborazione con i colleghi architetti è stato quello delle comunità utopiche da Tommaso Moro, a Campanella, a Fourier, alle utopie concrete degli americani sfuggiti alle persecuzioni religiose ( v. il testo di Dolores Hayden Sette utopie americane ) a Cernysevskij che nel suo libro Che fare a cui Lenin si era ispirato per intitolare il suo più noto e politico Che fare. Nikolay Cernysevskij, leader del movimento rivoluzionario russo del 1860 aveva scritto questo romanzo nella fortezza di S. Pietroburgo dove era stato imprigionato . I protagonisti della storia scelgono di abitare insieme in un modo diverso, per cui ogni persona anche se in coppia doveva avere una sua stanza – una stanza tutta per sé ,come diceva la Woolf – e poi c'erano spazi comuni sia per il mangiare che per i momenti di socialità .
Durante gli anni '70 del secolo scorso ci furono diversi tentativi di giovani che decisero di condividere l'abitazione ma la maggior parte fallirono anche perché c'era un rifiuto di qualsiasi forma di organizzazione .E comunque si trattava sempre di situazioni i cui partecipanti erano sui vent'anni. C'è stato solo un esempio proprio a Torino che è durato fino agli anni '80, ma questa è una storia che i protagonisti stessi dovrebbero raccontare.
Al di là delle ragioni dei fallimenti e dei mal spesi forse i tempi non erano ancora maturi ma ora in un periodo di profonda crisi economica gruppi sia pure minoritari di persone di tutte le età sono alla ricerca di diversi modi di abitare . Crescono gli ecovillaggi associati nel RIVE ma anche nella città si assiste alla formazione di socialhousing e o di cohousing e a riunioni periodiche su coabitazioni potenziali . Il primo esperimento di abitazione solidale in città è iniziato nella periferia di Milano promosso da Bruno Volpi più di vent'anni fa .
Il cohousing già affermato in altri paesi europei, nella gran parte dei casi richiede la disponibilità economica all'acquisto, ma nulla vieta con la necessaria preparazione e facilitazione di affittare appartamenti di oltre sei stanze e condividere gli spazi comuni. Per quanto riguarda la facilitazione ci sono sempre più persone formate ( in gran parte nell'eco villaggio di Torri Superiore in provincia di Imperia )a facilitare il compito dell'inserimento e delle relazioni nei e tra i gruppi .


Per concludere come abbiamo già detto il modello di abitazione uni famigliare si confa a un'economia in espansione e nonostante tutte le dichiarazioni di principio, la famiglia è in crisi ( anche se i matrimoni sono in crescita ma ancor di più i divorzi ) e dunque siccome' Alice non abita più lì', noi che optiamo per il cambiamento apriamo le porte e abbattiamo i muri che si sono levati sempre più alti tra le persone, le religioni,le razze e le etnie e costruiamo dal basso nuovi modi di stare insieme e di condivisione e non ci curiam di loro che ci spingono a tornare ai tempi degli homo hominis lupus .

Post scriptum di cronaca con funzione di sfogo. Lamentarsi non va proprio bene ma sfogarsi con gli amici fa sempre bene .( poi mi servirà da promemoria quando avrò raggiunto il necessario distacco per scrivere il già citato libro)
Quando due anni fa, già satura delle troppo numerose coabitazioni, ho scritto di Irina , incistata nell'appartamento, non sapevo che ne avrei viste ancora delle belle ma anche un bello per la verità perché nell'ultima camera in fondo alla casa, dove già c'era stata certa Mariuccia, che quando non era in casa passava tutto il tempo a guardare la televisione che era quasi grande come la stanza, è venuto a stare un giovane turco di 26 anni. Avevo già avuto due coabitanti turche a Roma e un turco curdo che guarda caso andavano d'accordo e mi ero resa conto che erano molto rispettosi delle persone soprattutto anziane quale sono ed ero e quando è arrivato Emircan , giovane architetto designer di auto, a chiedermi di affittare la stanza ho notato che salutandomi mi ha fatto l'inchino . Mai nella mia vita mi era capitato eccetto un baciamano per scherzo ad opera di un amico . Del resto noi donne emancipate cosa vogliamo oltre l'autonomia e la parità mica possiamo pretendere di essere complimentate dai gentleman che peraltro non ci sono più .Comunque sia quell'inchino mi aveva colpito molto e nonostante non volessi prendere persone di sesso maschile- soprattutto perché considerato il mio sottile odorato nel cesso, appunto,si nota la differenza -ho deciso di farlo venire anche perché mi aveva detto che stava tre mesi . Altro che tre è stato nove mesi e non è che mi abbia arrecato molto disturbo perché quando non usciva per andare a fare il suo corso di designer di auto,o per comprare all'Ikea, stava ermeticamente chiuso in camera dove anche mangiava come la bielorussa ( evidentemente in certe culture si mangia insieme solo se imparentati o ospiti e ospitati ) a disegnare, diceva lui, ma per la verità faceva anche ben altro considerato il numero di scatole di videogiochi che ho trovato quando se n'è andato e un volante con cui simulava la guida di un auto seduto in una poltrona davanti allo schermo. Nei nove mesi che è stato lì sarà uscito una quindicina di volte con amici improvvisati ma quanto a fare una passeggiata e tanto meno jogging o vedere qualche museo ,eccetto quello dell'auto naturalmente, non se ne parlava proprio. E poi dicono dei giapponesi che devono essere curati perché stanno tutto il tempo in casa .
“Ma cosa ti lamenti “ replicavano le persone a cui parlavo del suo comportamento . “In fondo non ti da alcun disturbo e in più si inchina sempre quando ti saluta '. Si è vero ma io non mi lamentavo ma mettendomi nei miei panni alla sua età l'idea che passasse tutto quel tempo al chiuso in una camera peraltro piuttosto piccola mi faceva star male . Altro esercizio che non bisogna fare primo perché i panni sono sempre diversi ma in secondo luogo pur avendo fatto l'affittacamere per più di 25 anni, con l'aspirazione non tanto segreta di trovare una convivenza più condividi bile, sono rimasta sempre delusa , eccetto qualche rara parentesi sia qui che a Roma e guarda caso con persone provenienti dal sud America – a proposito di intercultura -. Ricordo Maria che veniva dall'Argentina e da quando è entrata in questa casa era come se avesse reso tutto più brillante . E' bastata la sua risposta a una delle prime domande che le ho fatto per capire che si trattava di una persona speciale . Quando le ho chiesto se era stata sposata mi ha risposto che sì ma dopo otto anni era rimasta vedova ,ma ringraziava la vita per averle fatto avere otto anni di un amore perfetto con un uomo speciale . Gracias a la vida ... Non era forse Violetta Barra una sudamericana ? Come sudamericana - colombiana- era Gloria che ahimè tornata in Colombia è finita nel 'cartello della droga' ( un'altra storia che racconterò ). Sì Gloria una bella donna allora sui trent'anni con un grande talento per la pittura buttato a mare. E' stata da me a Roma e poi si è sposata, ma ci siamo sempre frequentate e da quando era tornata al paese suo malgrado ci sentivamo attraverso Skype e ogni volta mi chiedeva di andarla a trovare che potevo stare da lei quanto volevo che mi sarei sentita come in famiglia .E sicuramente sarebbe stato così perché – fino a quando dura -, in quei paesi vige ancora la concezione della famiglia allargata. Come d'altronde in Africa anche se nelle grandi città mi dicono che va in parte va scomparendo . Claude Meillassoux, un antropologo francese che avevo letto prima del mio soggiorno in West Africa alla fine degli anni '80, scriveva in un suo libro che chiunque avesse importato il modello della famiglia nucleare nel continente africano doveva essere trattato come un criminale . La situazione con lo sviluppo delle grandi metropoli si va deteriorando e anche lì le relazioni di vicinato sono sempre più esigue . Ma tant'è nel centro e sud America perlomeno da quanto ho personalmente verificato non è ancora persa l'ultima speranza. Anche Jessica e sua madre Angeles, messicane che sono state da me a Roma sono ormai quasi dieci anni, continuano a invitarmi ad andare in Messico dicendo che posso stare quanto voglio . Ma stanno ancora aspettando perché penso che non ci andrò anche perché di grandi metropoli ne ho visitate quanto basta e Bogotà e Città del Messico hanno superato la soglia degli otto milioni .
Ci sono state sì felici parentesi di coabitazione come dicevo ma negli ultimi due anni qui da me si sono succedute persone che era meglio perdere che trovare come l'arrivo di una vera ladra che ha pensato bene di rubarmi l'argenteria, che era rimasta, dopo tanto traslocare, dal mio matrimonio. Non ricordo neanche come si chiamava anche perché per imprudenza ,negligenza o eccesso di fiducia non memorizzo né mi segno tutti i cognomi. Poi all'improvviso, quando già stavo cercando un' altra soluzione abitativa, cosa non facile per me sprovvista di liquido sufficiente per uno spostamento, è arrivata Patricia di Rio di Janeiro. con cui ho condiviso gran parte delle cene del suo soggiorno qui e con cui continuo a sentirmi per Skype e che ancora mi ringrazia per tutti i piatti di cucina, i suggerimenti dietetici, la condivisione di tutte le esperienze e conoscenze acquisite nella mia vita, da quelle delle medicine complementari a quelle spirituali . Quasi come una figlia o forse meglio perché per la maggior parte dei casi le esperienze e le conoscenze non si trasmettono in famiglia. Pur essendo grata a Patricia che mi ha dato l'opportunità di sperare ancora in una convivenza degna di tal nome e non una reciproca sopportazione chiusi nei propri spazi con appunto lo stesso cesso e la stessa cucina, ora mi trovo in un impasse ancora maggiore in cui sembra che tutti i nodi stiano venendo al pettine. Con il passare del tempo ho imparato che la vita ti dà degli avvertimenti quando le cose non vanno : dapprima deboli , poi meno deboli, poi forti e sempre più forti e se non li ascolti non ti devi stupire che qualcosa di grave succede che sia una malattia ,un crollo psicologico o un incidente. Nemmeno tre mesi dopo che Patricia se n'è andata, dopo essermi concessa una tregua di solitudine scelta, è arrivata o per meglio dire si è imposta Mariella, una siciliana di 36 anni, la stessa età di Patricia che facendo leva sulla mia debolezza di scrittrice non riconosciuta e sulle mie consuete difficoltà economiche, si è mascherata da scrittrice in cerca di riconoscimenti e dopo avermi dato immediatamente la cifra equivalente a un mese di affitto si è insediata il giorno dopo in casa. Da quel giorno è iniziato un crescendo di reazioni da parte sua sempre più allarmanti come confidenze non richieste su una sua relazione virtuale e tempestosa con un tal musicista di Roma, interventi imposti in casa su abitudini consolidate e accettate da tutte le persone che in questi anni mi hanno 'scompagnato', fino al precipitare della situazione dovuta al taglio del gas per una bolletta non pagata . Dimenticavo di dire che l'altra stanza che subaffitto e di cui il padrone è a conoscenza e chiude un occhio perché è al corrente della mia condizione. ( si potrebbe dire che si comporta come un piccolo mecenate perché è al corrente della mia attività di scrittrice non remunerativa )l'altra stanza ,dicevo, era già occupata da Vittoria ,figlia di un comunista deluso e fuoriuscito dal partito e di una tailandese, che certamente anche lei come me non era tanto contenta di non avere l'acqua calda a disposizione, ma si è accontentata di un rimborso delle spese che non è bastato a Mariella. La stessa si è scatenata con urla ed insulti fino a spingersi a suonare alla porta del padrone di casa che abita al piano di sotto e da cui mai né io ne altri avevamo osato andare. E da allora ogni pretesto è buono per scatenare violente reazioni da parte sua come mai mi è successo in tutti questi anni . E in più come se non bastasse, al di là e contro ogni caratteristica regionale e culturale Mariella ha una concezione del cibo molto egocentrata – ognuno si consuma le cose sue , tanto da segnare il suo nome su una busta di plastica di verdure congelate dal valore di un euro e cinquanta che combinazione tutte e tre contemporaneamente abbiamo comprato . Se questo per me che, come ho detto all'inizio, ho sempre dato valore alla convivialità non ha il sapore di una definitiva sconfitta me lo dicano gli amici e i lettori di questo mio sfogo che spero non vi abbia troppo annoiato . Veramente il mio supposto libro sull'intercultura del cesso se mai nascerà dovrà avere una vena comica,ma
per farlo è necessario un certo distacco che al momento attuale, in cui la coabitazione forzosa con la suddetta Mariella è ancora in corso, non mi è possibile . Spero , considerata la mia resilienza che ciò possa avvenire quanto prima e chissà mai che da questa storia non nasca un bestseller . Della serie: La speranza muore con noi





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