Il fatto è che io Giancarla scrivo da molti anni e ho pubblicato, senza molta visibilità, ben tre libri sui famosi anni che per me al contrario di molte altre che si chiamano sessantottine, appellativo che non amo per niente, non si sono esauriti con il venir meno dei movimenti studenteschi o di lottacontinuatori . Nel '68 avevo 28 anni e avevo già fatto una scelta di campo da quando ne avevo venti . Il campo minato degli outsider perché dopo un breve periodo di permanenza nel partito comunista, che allora anche se per poco così si poteva chiamare, me ne uscii per insofferenza burocratica . Il mio primo libro sul '68 si intitola Non abbiamo sognato ed è stato editato da Bertani nel 1980 già allora editore di avanguardia che aveva portato Bataille in italia . Il secondo sta nell'archivio dei diari di Pieve in Teverina. il terzo libro si intitola Lettere per un figlio - La memoria e i ricordi . Riporto qui la prefazione : Cito la prefazione :Queste lettere al figlio, di cui solo alcune effettivamente spedite, aprono squarci autobiografici su una vita percorsa da una grande e lucida passione: cambiare il mondo, mettere mano alle piccole e grandi ingiustizie che lo attraversano: sfruttamento e oppressione, ma anche emarginazione scolastica, filisteismo piccolo-borghese, ingabbiamento delle intelligenze giovanili.
La scuola e l'insegnamento sono vissuti con impegno militante : l'attenzione alle attitudini dei ragazzi,la fiducia nelle loro risorse, anche e soprattutto se socialmente sfavoriti, come guida costante del lavoro di insegnante.
Intorno a lei una parte non piccola di una generazione con una fortissima vocazione alla politica, ispirata dai classici del marxismo e non solo, ma anche dalle parole dei compagni che aprivano le loro case ad ogni ora ed ad ogni ora ne uscivano, azzerando il loro tempo privato nella perenne tensione dell'impegno totale.
Quello che mi colpisce, in un itinerario che partendo da
questa temperie storico-culturale, porterà l'autrice molto lontano, in senso non solo metaforico, a Bombay, a Madras, verso realtà sociali, culturali e umane assai diverse, è il tipo di mutazione che ha luogo in lei.
Giancarla Ceppi alla fine del suo percorso appare ancora giovane, dolente ma, in qualche modo, intatta. Durissima con coloro che sono pronti a svendere le loro lotte giovanili per sistemazioni di comodo, niente affatto
tenera con un mondo troppo conciliato con le gerarchie stabilite dal mercato globale.
Lo sguardo di Giancarla è però ugualmente severo su di
sé e sui suoi compagni.
"Abbiamo troppo creduto nella parola, nel dialogo, nella ragione che illumina tutto e tutti...(e invece) è vero che se l'esperienza non c'è stata o comunque è diversa o non si è fatta, non c'è nessuno al mondo che può farla al posto tuo".
Aveva, avevamo pensato, che per essere bravi genitori bastasse dire le parole giuste e sostituire le parole e la lotta per una società migliore alla presenza ed all'ascolto,all'essere vicini mentre la vita dei figli si fa esperienza e vissuto.
E intanto Giancarla misura oggi l'assenza del figlio, amatissimo e lontano.
Rimane forte, alla fine, il bisogno del pensiero che è fonte perenne di mutamento purché, scrive Giancarla Ceppi, si traduca in valori per la vita quotidiana. Su questa nuova misura del tempo quotidiano scandito dall'esserci delle persone vive con i loro corpi e le loro emozioni, oltre che con le proprie idee ed i propri sogni, si placa,forse, il lungo errare dell'autrice.
E infine riporto una mail che ho scritto alla mailing list delle 'sessantottine '
Mi spiace ma oggi non mi sono sentita di venire a partecipare al convegno . Per prima cosa perché non amo i convegni in quanto non hanno carattere trasformativo e in secondo luogo perché mi sono trasferita a Pinerolo dove cerco di formare un piccolo gruppo esperienziale di quelli che insieme ad altri presenti nel movimento 'Italia che cambia' ambiscono a formare la potenziale massa critica per un cambiamento radicale . E dunque scrivo questa mia memoria al fine di congedarmi dal gruppo di cui sono stata contenta di far parte, ma le mie scelte di vita e di residenza e la mia età da tempo non più verde non mi permettono di disperdere le mie energie andando avanti e indietro come una pendolare . Inoltre per quanto riguarda lo stato delle cose di questo nostro mondo non penso che il movimento femminista l'abbia rivoluzionato come mi pare che pensi la maggior parte di voi .Mariella parla della rivoluzione operata dalle donne di Città del Messico ma io ben so , avendo anche amiche che vivono lì, che, da quando nell'86 visitai quella megalopoli, la situazione è degenerata in maniera impressionante e la violenza oltre che di genere è generalizzata .
Il vero e profondo cambiamento auspicabile ora preferisco chiamarlo ri-evoluzione. Ho letto con grande interesse tutti gli interventi fatti durante la presentazione del libro' 'Le sessantottine' ma c'è un aspetto di tutto ciò che viene scritto che non condivido: la dichiarazione ripetuta e convinta di molte di voi che le donne salveranno il mondo . Salvo poi rimanere sorprese e indignate che un gruppo di donne appunto prendano l'iniziativa di organizzare una manifestazione SI-tav . Io continuo a pensare invece che per salvare il mondo ci vuole ben altro che un discorso di genere . Occorre ritrovare il maschile e il femminile dentro di se' e la propria natura 'divina ' e procedere insieme con uomini che hanno perseguito lo stesso intento .I cambiamenti poi da che mondo è mondo ( a meno che noi non ne vogliamo inventare un altro ) sono stati sempre il risultato degli sforzi di gruppi minoritari e mai di totalità di genere o meno.Finalmente le donne sono sempre più consapevoli della propria parità ma quello che non è corretto è passare dalla parità alla sanzione della propria superiorità , anche se è vero che a tutt'oggi c'è un maggior numero di donne di valore che uomini ( che bisogna dire sono piuttosto disorientati di fronte alla nuova figura femminile che si è dispiegata in tutti i continenti,soprattutto nei ceti medi , come mai era successo , a parte qualche raro caso di matriarcato .)
Aggiungo che di come oggi va il mondo non si può certo essere soddisfatte e penso anche che se non concentriamo il nostro discorso e le nostre azioni in una massa critica appunto di uomini e donne di valore , l'umanità come specie rischia di estinguersi . E' recente l'annuncio degli scienziati che abbiamo 12 anni di tempo per concentrarci su un radicale cambiamento del modello attuale di sviluppo, altrimenti assisteremo a fenomeni atmosferici sempre più sconvolgenti . Ciò premesso la speranza di un altro mondo possibile che non muore con noi e tanto meno con me, si è materializzata nella manifestazione di sabato 8 dicembre del movimento NoTav, che è improntato dall'intergenerazionalità ,intergenere ,interclasse ,interideal- ideologico . Tutto ciò lo affermo a buon titolo, sia per le mie scelte come donna che ha lottato per la sua autonomia e anche per la mia partecipazione diretta o come fiancheggiatrice, vita natural durante, a tutti i movimenti di lotta sociali e politici anche a Roma dove ho vissuto vent'anni, quali il comitato per la ex Iugoslavia il movimento dei curdi e gli incontri internazionali e gli interventi sul territorio che avevano luogo su iniziativa dei giovani del servizio civile internazionale, nel casale del quartiere Ostiense dove abitavo. Quel casale si chiama dell'Utopia , di cui iniziai a trattare e cercare di trasmetterne gli ideali fin da quando ero una giovane insegnante al Liceo artistico di Torino .
Il vero e profondo cambiamento auspicabile ora preferisco chiamarlo ri-evoluzione. Ho letto con grande interesse tutti gli interventi fatti durante la presentazione del libro' 'Le sessantottine' ma c'è un aspetto di tutto ciò che viene scritto che non condivido: la dichiarazione ripetuta e convinta di molte di voi che le donne salveranno il mondo . Salvo poi rimanere sorprese e indignate che un gruppo di donne appunto prendano l'iniziativa di organizzare una manifestazione SI-tav . Io continuo a pensare invece che per salvare il mondo ci vuole ben altro che un discorso di genere . Occorre ritrovare il maschile e il femminile dentro di se' e la propria natura 'divina ' e procedere insieme con uomini che hanno perseguito lo stesso intento .I cambiamenti poi da che mondo è mondo ( a meno che noi non ne vogliamo inventare un altro ) sono stati sempre il risultato degli sforzi di gruppi minoritari e mai di totalità di genere o meno.Finalmente le donne sono sempre più consapevoli della propria parità ma quello che non è corretto è passare dalla parità alla sanzione della propria superiorità , anche se è vero che a tutt'oggi c'è un maggior numero di donne di valore che uomini ( che bisogna dire sono piuttosto disorientati di fronte alla nuova figura femminile che si è dispiegata in tutti i continenti,soprattutto nei ceti medi , come mai era successo , a parte qualche raro caso di matriarcato .)
Aggiungo che di come oggi va il mondo non si può certo essere soddisfatte e penso anche che se non concentriamo il nostro discorso e le nostre azioni in una massa critica appunto di uomini e donne di valore , l'umanità come specie rischia di estinguersi . E' recente l'annuncio degli scienziati che abbiamo 12 anni di tempo per concentrarci su un radicale cambiamento del modello attuale di sviluppo, altrimenti assisteremo a fenomeni atmosferici sempre più sconvolgenti . Ciò premesso la speranza di un altro mondo possibile che non muore con noi e tanto meno con me, si è materializzata nella manifestazione di sabato 8 dicembre del movimento NoTav, che è improntato dall'intergenerazionalità ,intergenere ,interclasse ,interideal- ideologico . Tutto ciò lo affermo a buon titolo, sia per le mie scelte come donna che ha lottato per la sua autonomia e anche per la mia partecipazione diretta o come fiancheggiatrice, vita natural durante, a tutti i movimenti di lotta sociali e politici anche a Roma dove ho vissuto vent'anni, quali il comitato per la ex Iugoslavia il movimento dei curdi e gli incontri internazionali e gli interventi sul territorio che avevano luogo su iniziativa dei giovani del servizio civile internazionale, nel casale del quartiere Ostiense dove abitavo. Quel casale si chiama dell'Utopia , di cui iniziai a trattare e cercare di trasmetterne gli ideali fin da quando ero una giovane insegnante al Liceo artistico di Torino .
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