mercoledì 25 marzo 2020




Una notte passata al pronto soccorso durante l'epidemia del CONAD 19
o della prova del significato di abbondanza

Premessa : 1)Conad 19,così preferisco chiamare il virus perché il settimo chakra si chiama della corona e a mio parere non è bene chiamare il virus con lo stesso nome;
2)nel pronto soccorso dell'ospedale di Pinerolo c'erano solo malati gravi, ma non affetti dal suddetto virus .
Martedì10 marzo verso sera sempre più sentivo un dolore proprio al centro del petto che poteva essere semplicemente un dolore intercostale . Contraria agli antidolorifici come sono, andavo a dormire sperando che nel letto mi passasse . Non è stato così : ad ogni minimo movimento il dolore aumentava . Così alle undici, pur riluttante, ho chiamato la guardia medica che nel giro di un quarto d'ora è subito arrivata . Si fa per dire arrivata . Sono arrivati cinque infermieri tutti mascherati più una donna provvista di apparecchio per l'elettrocardiogramma . Fatto l'elettrocardiogramma e constatato che non si trattava del cuore, mi sono rassicurata e pensavo che finisse tutto lì . Troppo facile . Non ho fatto nemmeno in tempo a formulare un grazie che l'infermiera in questione dicendo “ Non possiamo lasciarla così lì da sola bisogna fare altri accertamenti” mi ha costretta a indossare una vestaglia e così com'ero con le pantofole, preso al volo il telefono ma non la borsa ,mi hanno messo su una sedia mobile, nonostante dichiarassi che potevo camminare, e in quattro e quattr'otto mi hanno portata giù nell'ambulanza senza neanche una coperta . Così per la prima volta nella mia vita ( per fortuna considerati i miei quarant'anni per gamba ) mi sono trovata al Pronto soccorso dell'ospedale di Pinerolo ( in cui avevo già superato un' altro primo 'incidente' chirurgico di un'operazione al colon )e trasbordata in una barella in fila nel corridoio in compagnia di uomini con ossigeno e compagnia urgente
Sono riuscita a dire “ questa mi mancava “ e a quel punto è iniziata l'attesa per la prima analisi del sangue . L'orologio del corridoio dove mi hanno riportata segnava mezzanotte quando mi hanno detto che alle tre mi facevano un altro esame . Inutile dire che così sdraiata su una barella mezzo sollevata ,nonostante facessi tutte le respirazioni che conosco per prendere sonno, non sono riuscita a chiudere occhio anche grazie alle infermiere che parlavano ad alta voce tra loro e al continuo passaggio nel corridoio. Così guardavo quasi con invidia (si fa per dire perché comunque io stavo meglio di lui ) il mio vicino di barella attaccato a una ampolla d'acqua .. che dormiva profondamente . Scendendo di tanto in tanto per bere un po' d'acqua dal rubinetto della toilette, ripetendomi il versetto di Bertold Brecht 'la notte più lunga eterna non è', sono arrivate le tre.
Altro esame, altra sosta nella sala visite e ritorno sulla barella del corridoio dove mezz'ora dopo mi è stato detto che potevo tornare a casa in un'ambulanza che avei dovuto pagarmi io . Chiedo quanto costa ma non ottengo risposta perché l'infermiera che me l'aveva comunicato se n'era già andata . Dopo circa un'ora di vani tentativi di chiudere gli occhi, con la luce del corridoio inesorabilmente accesa, chiedo al primo infermiere che riesco a bloccare di portarmi in un posto dove potevo stare al buio . Mi porta in una sala visite non occupata e lì finalmente riesco a fare un pisolino che così solo si può dire dei poco più di 20 minuti in cui ho perso i contatti quando all'improvviso accendono la luce e arriva un'inserviente con rumorosissimo aspirapolvere per la pulizia seguita da lavaggio accurato e odoroso . Per carità l'igiene prima di tutto e comunque sia e fosse dopo questo passaggio nuovamente chiudono la luce ma è risaputo che la frustrazione continua di un bisogno non ne permette la soluzione . Finalmente alle 8 riesco a parlare con un'infermiera a cui chiedo come poter tornare a casa visto che potevo già farlo 5 ore prima. Di ambulanze non se ne parla proprio , c'era solo la possibilità di trovare un taxi disponibile . Alle 8,30 mi annunciano che c'è il taxi . Che sollievo ! Macché, troppo facile : dovevo aspettare il medico di turno che mi avrebbe consegnato il referto . Intanto mentre il tassista aspettava impazientemente e io lo intravedevo dalla porta preoccupata che se ne andasse, solo alle nove sono riuscita ad avere il referto dalle mani del medico che me lo ha consegnato senza neanche guardarmi in faccia, dicendo di farlo vedere al mio medico curante . Così in vestaglia com'ero con le pantofole e il telefono e le chiavi di casa in tasca salgo sul taxi, sollevata al riveder gli alberi del corso e rassicurata dalla gentile amica che mi ha risposto al telefono, miracolosamente preso all'ultimo momento, di non preoccuparmi che sarebbe scesa lei a pagare il tassista. Fine dell'avventura.
La continuazione è a casa dove sono arrivata e finalmente sono riuscita a capire cosa vuol dire vedere la propria vita alla luce dell'abbondanza invece che della scarsità . Cosa c'entra l'abbondanza con tutto questo – mi direte voi ? Ve lo spiego .Qualche giorno prima avevo ricevuto la richiesta di partecipare a una meditazione sull'abbondanza di Deepak Chopra che iniziava invitandoci a guardare la nostra vita all'insegna dell'abbondanza . Era il primo giorno del decreto che ci costringe a stare in casa e, guardandomi intorno e pensando a tutto ciò che mi aspettava, non riuscivo proprio a comprendere dove stesse tutta questa abbondanza . Scesa dal taxi, dopo aver salito più in fretta possibile le scale, aprendo la porta ho visto le mie tende arancioni che mi piacciono tanto, il tappeto, la mia poltrona preferita in cui passo delle ore a leggere e subito sono corsa in cucina a farmi una delle mie amate tisane che sorseggio mentre guardo dalla finestra da cui,allungando il collo vedo addirittura il Monviso…Per non parlar del resto ... E' a quel punto che la 'disavventura ' del pronto soccorso è diventata un'avventura che mi ha insegnato qualcosa . E chissà quante cose impareremo in questo corso accelerato della pandemia che nel terzo mese dell'anno bisestile 2020 ancora incombe .




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