venerdì 30 aprile 2021

 

Del coabitare e delle scelte comunitarie

Sul coabitare come scelta obbligata

Premessa : Scrivo da moltissimi anni e dunque posso dire di essere una scrittrice, pur con una visibilità pubblica molto esigua, ma penso che raramente sia capitato a chi ha fatto questo mestiere di condividere lo stesso appartamento con tante persone di tutte le provenienze età e attività. Casomai il contrario : alcuni scrittori e scrittrici raccontano di stanze affittate in cui hanno vissuto. Per questo, quando avrò raggiunto il necessario distacco, quando riuscirò a chiudere definitivamente questa troppo lunga storia,penso di scrivere un testo ironico dal titolo “L'intercultura del cesso “. Due anni fa, quando ho iniziato la prima versione di questo scritto, ero reduce dalla convivenza l'ennesima ( centesima ? non ho il coraggio di contarle tutte )coinquilina di provenienza bielorussa di nome Irina. E' stata come condividendo lo stesso cesso e la stessa cucina per sei mesi ma non ho saputo niente di lei eccetto l'età e che frequentava beni culturali all'università . Ma convivenza o per meglio dire coabitazione forzata fu più algida e asettica . Abbiamo pranzato insieme giusto la mattina prima che andasse via dietro mia insistenza per la prima ed ultima volta. E questo la dice lunga su cosa ha significato per me la sua presenza, che ho sempre avuto come riferimento Il testo di Ivan Ilic sulla Convivialità. Per lei la camera era come un appartamento incistato dentro il mio in cui si ritirava a mangiare ed io la sua vicina di casa . Incontrandomi nel corridoio mi salutava gentilmente e tutto finiva lì . Anzi meno che una vicina di casa perché qualche volta tra vicini di casa capita di scambiarsi oltre il saluto anche qualche commento su che succede, sul tempo, di qualche vicino sgarbato. Adesso che ci penso qualche parola sul tempo ce la siamo scambiata ma solo quello. Eppure mi sarebbe piaciuto saper qualcosa di più del suo paese che tra tutti i viaggi che ho fatto non sono mai stata nell'ex Unione Sovietica , ma era uno sforzo tirarle fuori qualche parola in più e non l'ho mai fatto . Forse tempo fa mi sarei sforzata ma credo anzi son convinta che dopo un certo numero di incontri ravvicinati con persone nuove ci sia un limite di sopportazione e di relativo adattamento oltre il quale si rischia l'intolleranza.

Ho avuto forse cinque coabitanti est europee che più o meno si comportavano così e senza pretendere di farne una teoria sociologica sono giunta a questa conclusione : coloro che negli anni del comunismo sovietico ( che più correttamente andrebbe chiamato capitalismo di stato ) hanno subito il collettivismo come imposizione, appena sono riusciti a liberarsi di quella cappa opprimente e a conquistarsi uno spazio privato per sé per la propria famiglia lo hanno difeso con le unghie e coi denti – financo con le armi (non è forse stata una concausa della guerra nella ex Iugoslavia ? ) e chi non vive con me peste lo colga . Comunque sia dell'egoismo famigliare son piene le fosse di tutti i paesi del mondo specie occidentale . Per non parlare della quasi totale sparizione dei rapporti di buon vicinato nel senso dello scambio e della solidarietà . Le nostre cronache sono piene di tristi storie di persone che muoiono in casa e il cui cadavere rimane per mesi nell'appartamento prima che qualcuno se ne accorga. La crisi del vicinato è una caratteristica comune in tutte le situazioni urbane di tutti continenti. D'altro canto il modello appartamento unifamigliare si è affermato nelle situazioni urbane per diffondersi anche nei più sperduti villaggi ed era comunque legato a un economia in espansione in cui ogni famiglia doveva acquistare il suo frigo , la sua lavatrice e via consumando.

Tornando al tema degli egoismi famigliari Don Zeno, fondatore della comunità di Nomadelfia, ne era ben consapevole e sosteneva che l'egoismo famigliare è fonte di separazione peggiore dell'egoismo individuale e per ovviare a ciò ancora adesso nella sua comunità vigono regole precise per evitarlo . Quanto alle conseguenze dell'egoismo famigliare i cosiddetti single ,( sempre più numerosi e in crescita ) come la scrivente ben sanno come ci si sente specie durante le festività soprattutto natalizie : come quelli che comunque vengono sempre dopo, outsider. Perché ci sono gli outsider gli insider come ci sono i nomadi e gli stanziali ma questa è un'altra storia .


La coabitazione come scelta

Da anni alla ricerca di riferimenti di tipo comunitario ho partecipato agli incontri degli ecovillaggi , delle nuove forme di coabitazione che vanno da forme di buon vicinato solidale a vere e proprie comunità .Forse profeticamente quando insegnavo durante i movimenti degli anni '70 ( ora ridotti per la cronaca  a forme di ribellione verso i padri e o anticamera del terrorismo ) uno dei temi che ho iniziato a trattare in collaborazione con i colleghi architetti è stato quello delle comunità utopiche da Tommaso Moro, a Campanella, a Fourier, alle utopie concrete degli americani sfuggiti alle persecuzioni religiose ( v. il testo di Dolores Hayden Sette utopie americane ) a Cernysevskij che nel suo libro Che fare a cui Lenin si era ispirato per intitolare il suo più noto e politico Che fare. Nikolay Cernysevskij, leader del movimento rivoluzionario russo del 1860 aveva scritto questo romanzo nella fortezza di S. Pietroburgo dove era stato imprigionato . I protagonisti della storia scelgono di abitare insieme in un modo diverso, per cui ogni persona anche se in coppia doveva avere una sua stanza – una stanza tutta per sé ,come diceva la Woolf – e poi c'erano spazi comuni sia per il mangiare che per i momenti di socialità .

Durante gli anni '70 del secolo scorso ci furono diversi tentativi di giovani che decisero di condividere l'abitazione ma la maggior parte fallirono anche perché c'era un rifiuto di qualsiasi forma di organizzazione .E comunque si trattava sempre di situazioni i cui partecipanti erano sui vent'anni. C'è stato solo un esempio proprio a Torino che è durato fino agli anni '80, ma questa è una storia che i protagonisti stessi dovrebbero raccontare.

Al di là delle ragioni dei fallimenti e dei mal spesi forse i tempi non erano ancora maturi ma ora in un periodo di profonda crisi economica gruppi sia pure minoritari di persone di tutte le età sono alla ricerca di diversi modi di abitare . Crescono gli ecovillaggi associati nel RIVE, ma anche nella città si assiste ala formazione di socialhousing e o di cohousing e a riunioni periodiche su coabitazioni potenziali . Il primo esperimento di abitazione solidale in città è iniziato nella periferia di Milano promosso da Bruno Volpi più di vent'anni fa . L'associazione di predominanza cattolica si chiama Condomini solidali

Il cohousing già affermato in altri paesi europei, nella gran parte dei casi richiede la disponibilità economica all'acquisto, ma nulla vieta con la necessaria preparazione e facilitazione di affittare appartamenti di oltre sei stanze e condividere gli spazi comuni. Per quanto riguarda la facilitazione ci sono sempre più persone formate ( in gran parte nell'eco villaggio di Torri Superiore in provincia di Imperia )a facilitare il compito dell'inserimento e delle relazioni nei e tra i gruppi .

Per concludere come abbiamo già detto il modello di abitazione uni famigliare si confa a un'economia in espansione e nonostante tutte le dichiarazioni di principio, la famiglia è in crisi ( anche se i matrimoni sono in crescita ma ancor di più i divorzi ) e dunque siccome' Alice non abita più lì', noi che optiamo per il cambiamento apriamo le porte e abbattiamo i muri che si sono levati sempre più alti tra le persone, le religioni,le razze e le etnie e costruiamo dal basso nuovi modi di stare insieme e di condivisione e non ci curiam di loro che ci spingono a tornare ai tempi degli homo hominis lupus .

P.S.Rileggo dopo 5 anni questo scritto e in cinque anni tante cose sono cambiate . In primis io che sono sempre stata cittadina sono venuta ad abitare nella provincia e precisamente a Pinerolo,dove sono arrivata come una rabdomante che cerca l'acqua sottoterra . L'acqua che stavo cercando allora era quella di un luogo dove poter avere un riferimento sociale affine per approfondire un cammino spirituale e o olistico, e la presenza in provincia di un iniziativa presa da un ex consigliere comunale di Alpignano di diffondere le conoscenze 'olistiche ' in primis di persona e secondariamente 'on line ',mi aveva indotto a cercare un posto in affitto da quelle parti . Ma i costi delle case in affitto da quelle parti e o nelle vicinanze mi hanno subito scoraggiata perchè cercavo una soluzione che per la prima volta mi permetesse di avere ospiti graditi non necessariamente paganti e , parimenti per la prima volta nella mia vita invece di incaponirmi a cercare quello che mi proponevo , ho chiesto all''universo ' di trovare per me una soluzione confacente .

A Pinerolo c'è un iridologo noto, che richiama persone come me alla ricerca di modi diversi di cura che non siano le medicine allopatiche e i medici della mutua che di famiglia non hanno più nulla, e a Pinerolo son venuta . Già scendendo alla stazione il bar di fronte stile liberty e un verde e curato piccolo parco mi hanno dato l'impressione di un sito gradevole in cui fermarsi . Non c'ero mai stata prima d'allora se non di passaggio per Saluzzo ,di cui poi dirò . Caso volle ,ma come sappiamo caso non esiste , che nella settimana seguente un amico che abita nelle vicinanze mi dicesse che sapeva di una casa d'affitto nel centro vicino ai portici proprio in Via Saluzzo . Inizialmente via Saluzzo mi suonava male perchè come ho già scritto ne 'La nonnità negata ' quel luogo mi ricordava una meta non agognata quando andavamo a trovare le due nonne in una casa di riposo proprio in quel paese ,

Ricordo il senso di oppressione e di profonda tristezza che provavo ogni volta che andavamo a trovarle e in macchina, specie al ritorno, mentre guardavo la campagna davanti a me mi veniva da piangere”.

Ma dopo aver visto la casa e soprattutto la sua luminosità mi sono detta: Chissà che invece non sia un modo per riscattare quei tristi ricordi ? D'altronde a cosa sarebbero serviti tutti gli anni dedicati alla ricerca 'spirituale' se non riuscissi a mettere in pratica cosa vuol dire vedere il bicchiere mezzo pieno.

E ora sono qui, e fino a poco tempo fa continuavo chiedermi : Cosa ci faccio qui ? 'What am I doing here? ' è il titolo del libro di un viaggiatore e scrittore di nome Bruce Chatwin e per l'appunto è una domanda che tutti i viaggiatori si pongono quando si trovano in un luogo in cui non si 'riconoscono '.La risposta ha cominciato a delinearsi quando ho iniziato a usare la stanza in più oltre la mia per incontrare le persone interessate ad approfondire la fisica quantistica , di cui sono una convertita sostenitrice, e per incontri di meditazione ,ma il tutto si è nettamante delineato quando è iniziato tutto l'ambaradam della 'pandemia'.Evito di addentrarmi nello specifico, ma mi riferisco a un intervento di Giulietto Chiesa che è morto proprio all'inizio di questa vicenda che ci affligge . Il buonanima – e a lui si addice questa attribuzione per tutto quello che ha perseguito in vita- prevedendo i tempi difficili che ci aspettano consigliava di incontrarsi nelle case ospitali di coloro che erano disponibili ad accogliere ospitare le persone al di là dei regolamenti e delle restrizioni per costruire reti di resilienza e di rievoluzione e quelle case suggeriva di chiamarle case matte . Io qui a Pinerolo sono tra coloro che offrono la loro casa al suddetto fine . SONO una tra le case matte di Pinerolo . Ah, dimenticavo di dire che più che mai ora che siamo già entrati in una situazione in cui la socialità è ridotta al minimo , sarebbe utile esperimentare situazioni che accrescano il senso di comunità, al di la dei vincoli parentali e o famigliari .E qui invito a ritornare a quanto sopra ho scritto sui villaggi ecosolidali .

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